In greco si chiama Taiped, il fondo ellenico per lo sviluppo degli asset, veicolo finanziario creato dal governo greco per rispondere ai dettami della Troika, ovvero vendere il paese pezzo per pezzo. Il sito web (www.hradf.com) dà i brividi, uno shopping online per investitori privati attraverso il quale presentare offerte per l’acquisto di società pubbliche, porti, aeroporti, ferrovie, autostrade, isole, ecc. Tra queste, Eyath ed Eydap le società che gestiscono rispettivamente il servizio idrico a Salonicco ed Atene. A differenza dell’Italia sono società pubbliche gestite dallo stato nelle quali i municipi hanno un potere decisionale praticamente nullo. L’iter di privatizzazione dell’EYATH è già cominciato con una gara di prequalificazione che si è svolta lo scorso anno. Due sono le società ammesse a presentare le proposte finali, la francese Suez e l’israeliana Mekorot.

Contro la privatizzazione si sono fin da subito schierati i sedici municipi che compongono l’area metropolitana di Salonicco, i cittadini organizzati in diversi comitati, e il sindacato. Quest’ultimo ha presentato un ricorso alla corte costituzionale. La decisione non è ancora stata resa pubblica ma alcuni leak giornalistici riferiscono che la corte abbia deliberato l’incostituzionalità della perdita del controllo pubblico sulle risorse idriche. Come in altri casi si ritarda la pubblicazione della sentenza per fare concludere l’affare con il quale, la più quotata Suez, si porterebbe a casa il 51% di una società che genera 20 milioni l’anno con un investimento di appena 80 milioni di euro. Il tutto in una Grecia dove le garanzie costituzionali sono da tempo sospese e all’esautorazione dei poteri del parlamento (sono circa 240 le leggi promulgate dall’attuale governo senza il voto del parlamento) si accompagna la dura repressione del dissenso. E’ in questo contesto che domenica scorsa si è svolto il referendum autorganizzato da cittadini e sindaci sulla vendita di EYATH. La consultazione non aveva valore legale in quanto in Grecia un referendum può essere convocato solo con un voto favorevole del parlamento. Ma l’evento ha segnato una tappa storica per i movimenti greci. L’incredibile mobilitazione di 1500 attivisti ha reso possibile il posizionamento di urne in tutti i seggi elettorali dove contestualmente si svolgevano  le elezioni amministrative,  nonostante il tentativo del governo di intimidire i promotori. Infatti a meno di 24 ore dal voto il Ministero degli Interni ha dichiarato illegale l’iniziativa, vietato l’installazione delle urne nei seggi ufficiali e minacciato di arresto chiunque maneggiasse le liste elettorali ufficiali. Il referendum si è quindi svolto in strada e le intimidazioni non hanno però fermato né l’esercito di volontari nè i numerosi cittadini accorsi a dire la propria, sfidando lunghe file sotto il sole battente. Lo spoglio eseguito per tutta la notte dai più di cento volontari supervisionati dall’unione degli Avvocati ha contato 218 mila schede, di cui quasi il 98% contro la privatizzazione. Un’affluenza che ha superato il 50% della partecipazione alle elezioni ufficiali. Un grande risultato dal quale riparte, nei movimenti greci, l’animato dibattito su quale modello di gestione per il servizio idrico pubblico: statale, municipale o dei cittadini? Una cosa sulla quale però tutti concordano è che il referendum è stato un grande bagno di democrazia diretta ed una reazione popolare alla paura fomentata da un governo sempre più inquietante. Il movimento dell’acqua scrive in Grecia un’altra pagina storica.