È rimasto ucciso uno dei due piloti ai comandi del Sukhoi siriano abbattuto ieri da due ‎missili Patriot lanciati da Israele e precipitato nel sud della Siria, non lontano dal Golan ‎occupato. In serata continuavano le ricerche dell’altro pilota che era riuscito a lanciarsi con ‎il paracadute. La Siria ha negato con forza la tesi di Tel Aviv secondo la quale il velivolo ‎era stato monitorato e si era infiltrato per due chilometri nello spazio aereo israeliano ‎violando inoltre, secondo la tesi espressa dal premier Netanyahu, gli accordi di ‎smilitarizzazione tra Israele e Siria del 1974. Damasco respinge al mittente questa versione e ‎a sua volta accusa lo Stato ebraico di dare sostegno ai gruppi jihadisti “ribelli” prendendo di ‎mira l’aviazione siriana impegnata in attacchi nell’area del bacino del fiume Yarmouk. Due ‎giorni fa Israele aveva per la prima volta usato il suo sistema “Fionda di Davide” verso due ‎missili SS-21 caduti in territorio siriano ma passati a distanza ravvicinata dalle linee di ‎armistizio tra i due paesi. Scene di guerra avvenute qualche ora dopo il “corridoio sicuro” ‎messo a disposizione da Israele per centinaia di “elmetti bianchi” siriani in fuga dalla Siria.‎

‎ La tensione è molto alta. L’aggressività “difensiva” israeliana di questi ultimi giorni pare ‎essere una conseguenza del successo ottenuto nel sud del paese dalle forze armate siriane ‎che, sbaragliando i gruppi jihadisti “ribelli”, sono tornate a controllare la fascia di territorio ‎a ridosso del Golan facendo naufragare il progetto di Israele di costituire una “zona ‎cuscinetto” controllata da milizie islamiste alleate. Ed esiste probabilmente anche un ‎collegamento tra gli scontri delle ultime ore e il mancato raggiungimento di una intesa tra il ‎governo Netanyahu e la Russia, alleata del presidente Bashar Assad, sulla distanza che ‎combattenti e consiglieri militari iraniani dispiegati in Siria a sostegno dell’esercito ‎governativo dovranno mantenere dalle linee israeliane sul Golan. ‎

‎ Netanyahu incontrando due settimane fa Vladimir Putin aveva promesso che in cambio ‎dell’uscita degli iraniani dalla Siria non avrebbe agito per destabilizzare Assad. Mosca pur ‎tenendo in considerazione le richieste di Tel Aviv non può imporre a Tehran e Damasco di ‎assecondare le imposizioni del loro principale nemico. Netanyahu perciò sta irrigidendo ‎ulteriormente la sua linea verso Iran e Siria, di pari passo con il moltiplicarsi degli ‎avvertimenti minacciosi che l’Amministrazione Trump lancia all’Iran. Due giorni fa il ‎premier israeliano ha rifiutato la proposta russa di mantenere le forze iraniane presenti in ‎Siria a 100 chilometri dal Golan presentata dal ministro degli esteri Lavrov e dal capo delle ‎forze armate Gerasimov. Netanyahu vuole anche che siano ritirati i missili a medio e lungo ‎raggio che l’Iran, secondo Israele, avrebbe portato in Siria. ‎