Ora qualche certezza c’è: la Nuova Alitalia sarà piccola e piena di esuberi, alla faccia delle promesse di Di Maio. Sui tempi invece ancora incognite con la prospettiva di una dilazione chiesta da Fs al vicepremier per poter far entrare la (ex) invisa Atlantia.

Domani alle 18 scade la deadline di Mediobanca per presentare offerte come quarto (ma indispensabile) partner di Alitalia. Le possibilità che fra questi ci sia Atlantia – o meglio: Aeroporti di Roma – sono limitate perché la holding controllata dalla famiglia Benetton si è detta, sì, interessata – cambiando idea – ma ha chiesto tempo per investire circa 300 milioni che porterebbero il capitale – ora di 660 milioni, ridicolo per una compagnia aerea – almeno verso i 900 milioni.

IL CONTRORICATTO DI ATLANTIA a Di Maio è servito. Se il vicepremier continua a sostenere che l’ingresso dei Benetton nella nuova Alitalia non eviterà il ritiro delle concessioni ad Autostrade, la holding guidata ancora da Giovanni Castellucci (nonostante le inchieste sul crollo del ponte Morandi) ha il coltello dalla parte del manico. Senza i suoi soldi la nuova Alitalia non decolla e la sua presenza è stata chiesta direttamente da Fs e dal partner industriale Delta che di certo – e giustamente – non si fida di Toto, di Efremovich (della colombiana Avianca) o addirittura di Lotito, così come la stessa Mediobanca.

Giovedì sera il cda di Atlantia ha dato mandato a Castellucci «di approfondire la sostenibilità del piano industriale Alitalia riferendo in una prossima riunione per le opportune valutazioni ed eventuali deliberazioni».

PER QUESTO IERI FS HA CERCATO di convincere Di Maio a concedere più tempo: sarà necessario uno stratagemma (limitarsi ad una manifestazione di interesse) o che il leader M5s si rimangi la – più volte smentita – non dilazione dei tempi. È evidente che Atlantia ha cambiato idea e ha deciso di far parte di una cordata traballante con il solo scopo di ottenere in cambio il rinnovo delle concessioni autostradali.

Nel frattempo le indiscrezioni sul piano industriale per la «Nuova Alitalia» – questo il nome scelto – messo a punto da Fs sbugiardano le promesse di «sviluppo» di Di Maio e scatenano le reazioni dei sindacati.

NEI PIANI DI FS (IN COMBUTTA con Delta), Alitalia diventerebbe una compagnia ancora più piccola che cederebbe passeggeri nel mondo agli americani di Delta e in Italia ai treni delle Ferrovie. Come successe con l’Alitalia targata Etihad. Qualche esempio. A favore di Delta saranno cancellate parecchie rotte a lungo raggio mettendo nero su bianco che «la collaborazione con altri partner di SkyTeam – l’alleanza di cui fa parte Delta – per potenziare torre strategiche». A favore di Fs la cancellazione dei voliper Roma da Pisa, Firenze, Napoli sostituiti da treni. La flotta scenderebbe dagli attuali 117 a 102 aerei.

Ma è sul versante dei lavoratori che arrivano le notizie peggiori. Sono già stati definiti 740 esuberi – su 11mila dipendenti totali – nel personale di terra per risparmiare 14 milioni. Previsto poi l’ennesimo taglio dei salari – quello che portò alla bocciatura nel referendum del piano Etihad: 5% annuo per i piloti (da 138 a 131mila euro lordi) e del 5,8% per gli assistenti di volo (da 51 a 48mila euro annui lordi). Senza contare gli «aumenti di produttività»: riposi mensili ridotti da 10 a 9 e riduzione degli equipaggi di una unità sui Boeing 777.

«SI PARLA PER L’ENNESIMA VOLTA di esuberi e taglio degli aerei – attacca il segretario nazionale Filt Cgil Fabrizio Cuscito – dal ministro Di Maio continuiamo ad attendere una smentita». Sulla stessa linea la Uilt mentre la Fit Cisl chiede a Di Maio una convocazione per martedì 16. Per l’Usb – che chiede da tempo la nazionalizzazione totale – «il piano è fallimentare: sciopero di 24 ore il 26 luglio.