Il Consiglio dei ministri ha approvato definitivamente due importanti provvedimenti sul diritto d’autore e la presunzione di innocenza. In entrambi i casi si tratta di decreti legislativi e l’esercizio della delega da parte del governo chiude il percorso di attuazione di due diverse direttive europee.

Sul copyright la gestazione è stata lunga e in parte superata dalla trattativa che le grandi piattaforme hanno concluso, su posizioni di forza, con le maggiori aziende editoriali italiane. Nel testo di legge è comunque introdotto il diritto all’equo compenso per l’utilizzo online degli articoli, anche sui social, e viene introdotto il principio che agli autori spetta parte di quel compenso in misura «proporzionata e adeguata al valore potenziale o effettivo dei diritti concessi in licenza o trasferiti». Secondo il ministro della cultura Franceschini, «l’Italia rafforza la tutela degli autori e degli artisti con norme chiare e meccanismi trasparenti e adeguati all’era digitale». Secondo il sottosegretario con delega all’editoria Moles si tratta di «un risultato giusto ed equilibrato frutto di grande condivisione». Il decreto legislativo prevede anche eccezioni che consentono l’utilizzo delle opere dell’ingegno fuori dal diritto d’autore per istruzione, ricerca e conservazione del patrimonio culturale, eccezioni che sono state adeguate agli utilizzi digitali.

Il provvedimento sulla giustizia riguarda invece il rafforzamento della presunzione di innocenza in attuazione di una direttiva Ue del 2016. Le novità riguardano principalmente le modalità di comunicazione delle procure e della polizia giudiziaria, che dovranno fare attenzione a non indicare gli indagati come colpevoli. La mediazione nella maggioranza si è svolta nelle commissioni giustizia durante la fase dei pareri obbligatori del parlamento e si è concentrata sulle conferenze stampa degli inquirenti che per una parte della maggioranza (centrodestra e renziani) si sarebbero dovute vietare del tutto. Il compromesso è stato quello di consentirle al procuratore capo ma solo nel caso in cui fosse possibile motivare formalmente la rilevanza del caso. Nel testo finale licenziato ieri dal governo si prevede che questa motivazione possa essere contenuta anche nella mail che convoca i giornalisti.