Solo una settimana fa, invitando le popolazioni locali a «non cedere alla paura», l’attuale governo di transizione del Centrafrica l’aveva bollato come «il nemico numero uno» per i suoi proclami di voler bloccare le elezioni presidenziali e parlamentari del prossimo 27 dicembre. Ma Noureddine Adam, ex numero due della coalizione dei Seleka e ora a capo del Front patriotique pour la renaissance de la Centrafrique (Fprc), una fazione armata attiva nel Nord-Est, è andato oltre quelle minacce rendendo noto attraverso il suo portavoce Maouloud Moussa l’avvenuta nascita di una repubblica indipendente a Kaga Bandoro, quartiere generale delle sue forze.

«La Repubblica di Logonè è stata proclamata il 14 dicembre nella città di Kaga-Bandoro. Quello che vogliamo è prima di tutto l’autonomia. Poi vedremo come muoverci verso l’indipendenza». Una dichiarazione in aperta sfida a Bangui (e che fa vagamente ricordare la débâcle della capitale centrafricana nel 2013 ad opera dei Seleka) ma che ufficializza o cerca di istituzionalizzare una situazione di fatto e già nota.

Con un comunicato del 6 dicembre scorso il governo centrale di transizione accusa Noureddine Adam di voler creare un «partizione illusoria della Repubblica Centrafricana» e di ritenerlo per questo il «nemico pubblico numero uno dell’unità, della pace e della riconciliazione nazionale».

«Perché opponendosi allo svolgimento di tutte le elezioni referendarie, presidenziali e legislative nelle aree poste illegalmente sotto il suo controllo, aree che secondo lui farebbero parte della sua presunta nuova Repubblica denominata “Repubblica di Logonè”, Noureddine Adam pone un atto di guerra».

Adam, già ex Ministro della Sicurezza sotto Michel Djotodia, ha riconquistato potere e territorio (vale a dire Kaga Bandoro, a circa 245 chilometri a nord di Bangui) dopo un anno passato in Kenya, Ciad e Sudan. Il suo ritorno è corrisposto con scontri tra i ribelli dell’Fprc e le forze Minusca e Sangaris.

Agitazioni chiaramente rivelatrici del tentativo da parte tanto delle fazioni della costellazione Seleka quanto delle milizie Anti-balaka di destabilizzare la transizione democratica del paese insabbiando o quanto meno ritardando ogni processo elettorale.

La dichiarazione di autonomia è stata immediatamente respinta dal governo in carica che attraverso il portavoce Dominique Panguindji ha fatto appello «alla comunità internazionale e alle forze internazionali presenti nella Repubblica Centrafricana a fare tutto il possibile per neutralizzare la capacità di fare del male di questi terroristi».

Mancano circa due settimane alle elezioni presidenziali e legislative, mentre domenica e lunedì scorsi si è svolto – tra scontri, seggi elettorali saccheggiati e intimidazioni da parte di diversi gruppi armati – il referendum costituzionale, tappa cruciale per l’avvio di un iter democratico dopo circa tre anni di caos politico-istituzionale. Stando a quanto riportato da un funzionario della Croce Rossa, 5 persone sono state uccise e altre 34 sono rimaste ferite durante gli scontri nella capitale Bangui.

Mentre lunedì, le strade di Bangui erano calme e pattugliate dai soldati della missione Onu Minusca. La costituzione proposta limita il potere del presidente e aumenta quello del parlamento, prevede la creazione di un senato e stabilisce inoltre un tribunale penale speciale per i reati gravi. Per una delle principali fazioni della coalizioni dei Seleka non ci sarebbero le condizioni per andare al voto: « La Repubblica Centrafricana non è pronta a organizzare elezioni inclusive, democratiche, credibili, sicure e trasparenti», sostengono in una dichiarazione di domenica chiedendo un nuovo governo di transizione e la cancellazione sia del referendum che delle elezioni ormai imminenti.

Secondo fonti Minusca, nonostante reiterate minacce e attacchi, il voto ha avuto luogo regolarmente nell’80% dei seggi elettorali a livello nazionale, con un’alta affluenza alle urn