Ci sono libri che ti fanno schierare, riflettere ed uno di questi è Amari Accordi di Marcello Rosa (Arcana Jazz, pp. 239, euro 17,50). Rosa, nato nel 1935, è trombonista, compositore, arrangiatore, autore di trasmissioni radiofoniche e televisive sul jazz come di numerosissimi articoli per riviste e giornali (che sessanta pagine del libro ben antologizzano).

È stato anche nel ’93 presidente dell’AMJ (Associazione Nazionale Musicisti di Jazz), insomma un artista che ha attraversato il jazz italiano ed internazionale dagli anni ’50. Quella che pubblica non è un’autobiografia ma «può essere considerato un manuale di consultazione, utile per tutti quelli che vorrebbero saperne di più su quanto non si ha il coraggio di chiedere (l’argomento è ovviamente il mondo del jazz di cosa nostra). In questo senso può essere addirittura considerato come manuale di sopravvivenza; molto istruttivo» (p.9).

Marcello Rosa non segue un filo cronologico ma allinea una serie di brevi capitoli su avventure/disavventure nel mondo musicale e jazzistico italiano. Con ironia e senza peli sulla lingua, facendo nomi e cognomi l’autore stigmatizza comportamenti scorretti, arrivismi, superficialità, emarginazioni vissute sulla propria pelle. Ce n’è per tutti (da Maurizio Costanzo all’attuale direttore di Musica Jazz Luca Conti, dall’azienda Rai a giornalisti e musicologi quali Gino Castaldo e Marcello Piras) ma non si tratta di un «cahier de dolèance».

Rosa – validissimo compositore ed arrangiatore nonché originale solista (come dimostrano le trascrizioni di Paolo Tombolesi) – sa usare la scrittura e l’ironia ed illumina personaggi, episodi, ambienti mettendoli perfettamente a fuoco; il suo stile, in apparenza parlato, alterna vari registri ed è di una precisione chirurgica.

Uno dei focus del testo è il terribile incidente automobilistico che il trombonista ebbe nel 1982 ma si parla di registi e colonne sonore (Tornatore, Fellini, Morricone), di Tony Scott e Romano Mussolini (con cui ebbe un lungo sodalizio), di programmi e avventure televisive e radiofoniche, di collaborazioni con musicisti di altissimo profilo (da Lionel Hampton a Bill Watrous), di tournée rocambolesche e locali…

Marcello Rosa, che si autodefinisce un MonAnarchico, è stato senza dubbio emarginato da una certa intellighenzia di sinistra. Ma, come spiega Vincenzo Martorella nella postfazione, «il suo astenersi da ogni forma di coinvolgimento politico, la procedura di affidare al jazz significati che eludessero la temperie politica e sociale italiana hanno fatto sì che l’interesse esclusivo per la musica e il modo in cui suonarla al meglio venisse scambiato per disimpegno, in un momento in cui essere disimpegnati costituiva una colpa piuttosto grave» (p.238). Amari Accordi illumina un’intera esistenza e, per chi non lo conoscesse, induce a riscoprire un artista polemico, anticonformista, autentico, coerente.
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