Nostalgie ungheresi della destra che fu
Visegrád e oltre La rubrica sui populismi a cura di Massimo Congiu
Visegrád e oltre La rubrica sui populismi a cura di Massimo Congiu
Da quando Jobbik si è impegnato a farsi percepire come partito di destra sì, ma moderato, le sorti dell’estremismo nazionalista ungherese da “duri e puri” sono affidate al Movimento della Patria o, per dirla alla lettera, “Movimento della Nostra Patria”. Si tratta di un partito politico fondato nel giugno del 2018.
Conservatorismo nazionalista, irredentismo riferito chiaramente ai territori ex ungheresi, forte euroscetticismo, antiglobalismo, anticomunismo, ostilità verso gli immigrati, esaltazione delle tradizioni ungheresi, i principali tratti caratteristici di questo soggetto politico.
Il suo presidente, László Toroczkai, ex dirigente di Jobbik, è il sindaco di Ásotthalom, piccolo centro abitato prossimo al confine con la Serbia. È quel Toroczkai che aveva realizzato un video in cui appariva attorniato da una serie di energumeni e diffidava i migranti a varcare il confine ungherese e a gironzolare dalle sue parti. Correva l’anno 2015, e Orbán blindava i confini sud-orientali del paese per difendere il medesimo e l’intera Europa cristiana dall’invasione in massa di migranti islamici.
All’epoca, ad Ásotthalom, comparivano per strada, alle fermate del bus o alla stazione, dei cartelli in cui si invitava la gente a non toccare oggetti abbandonati dai migranti in quanto potenziali veicoli di contagio.
Come un po’ tutti i partiti di estrema destra, anche il movimento in questione ha una visione distorta della Storia, in particolare di quella nazionale. Lo scorso 6 febbraio, su suo invito, e con la partecipazione di tredici organizzazioni estremiste, ha commemorato Miklós Horthy, reggente dal 1920 al 1944, con discorsi e fiaccolate, a 65 anni dalla morte, avvenuta nel 1957 in Portogallo, dove si trovava in esilio. Da ricordare che l’Ungheria di Horthy era alleata della Germania nazista e che la comunità ebraica ungherese venne letteralmente decimata con deportazioni ed esecuzioni sommarie in un tripudio di violenza arrivato alle sue estreme conseguenze con le Croci Frecciate di Ferenc Szálasi.
Ma torniamo alla manifestazione del 6 febbraio scorso che ha visto la partecipazione di alcune migliaia di persone, troppe. Contestualmente c’è stata una controdimostrazione antifascista ugualmente ben partecipata, almeno secondo quanto riferiscono fonti locali, la qual cosa è stata un buon segno. La cerimonia ha avuto in Toroczkai il suo oratore principale che è anche candidato premier alle elezioni politiche del prossimo 3 aprile, pronto a contendersi con Orbán, si fa per dire, i voti della destra.
Facciamo un po’ di revival per raccontare brevemente una manifestazione svoltasi un po’ di anni fa per celebrare la figura di Horthy. Correva l’anno 2013, Jobbik aveva organizzato una cerimonia per lo svelamento del busto di Horthy nella chiesa protestante di Budapest, guidata dal pastore Loránt Hegedűs Jr, ex vicepresidente del MIÉP, predecessore di Jobbik nel ruolo di alfiere della destra radicale ungherese. Anche in quella occasione si era svolta una contromanifestazione e le tensioni non erano mancate. Il governo Orbán era stato accusato di non prendere posizione contro iniziative di questo genere e quindi di ambiguità colpevoli di contribuire alla diffusione del culto di Horthy. Culto che, secondo diversi osservatori, il sistema orbaniano oggi promuove nel segno del “nazionalismo cristiano”.
Ma completiamo l’identikit del Movimento della Nostra Patria che è ostile sia all’opposizione liberale e di centro-sinistra che alle forze governative, ed è contrario ai diritti della comunità Lgbtq. Ancora: critica la gestione della pandemia da parte dell’esecutivo che accusa di creare panico. Il movimento è inoltre sostenitore dell’opposizione alla campagna vaccinale ed è favorevole alla reintroduzione della pena capitale. Meglio di così…
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