Sono tante le lingue del mondo quanti i dubbi e le preoccupazioni. «Posso uscire di casa?», «Cosa succede se mi ferma la polizia», «Quali i sintomi del Coronavirus?», «A chi devo rivolgermi se sto male?». Diverse associazioni italiane che, da Nord a Sud, si occupano di richiedenti asilo, rifugiati e migranti, hanno deciso di semplificare la comunicazione rispetto agli ultimi decreti governativi e di dare un supporto a chi, straniero, si trova in situazioni non semplici, come essere in un nuovo Paese, in attesa di risposte sulla richiesta di asilo o alla ricerca di un lavoro o senza una vera e propria casa. Hanno lanciato campagne come #nonseisolo e #stopcovid19, realizzato video multilingue, attivato numeri di telefono e, soprattutto, iniziato a far rete, tanto che, ieri, se n’è accorto anche il New York Times.

Un’esigenza nata dalla confusione e disinformazione che gli operatori sul campo hanno raccolto dai cittadini stranieri. Andando oltre l’ostacolo della lingua e semplificando le informazioni, spesso complesse, relative all’emergenza, quattro associazioni – Cambalache, Camera a Sud, Il Grande Colibrì e Arca di Noè – hanno realizzato parallelamente progetti multimediali sulla comprensione della malattia, sul rispetto delle norme igieniche, sugli spostamenti e su come far fronte allo stress da isolamento.

L’associazione Cambalache di Alessandria, che si occupa di progetti sociali rivolti ai migranti, ha aperto una sezione del sito ad hoc e un numero whatsapp attivo dalle 11 alle 13 per dare assistenza. «Gli obiettivi della campagna #nonseisolo sono due. Da una parte – spiega la presidente Mara Alacqua – offrire informazioni semplificate per garantire una comprensione del problema a tutti e garantire così la salute individuale e collettiva. Dall’altra far sì che gli stranieri non si sentano soli e abbiano un punto di riferimento».

La cooperativa sociale Arca di Noè di Bologna, coinvolgendo i mediatori linguistici e culturali, ha prodotto video in varie lingue, dal bengali al bambarà, dal somalo al curdo, grazie alla tecnica del videoselfie. «La campagna #stopcovid19 – sottolinea Giacomo Rossi, responsabile dell’area accoglienza – nasce dalla volontà di dare una serie di informazioni in termini di prevenzione sanitaria a un gran numero di richiedenti asilo e rifugiati che vivono nei progetti di accoglienza in cui lavoriamo».

L’associazione Il Grande Colibrì, con sede a Bologna, Lecco, Piacenza e Torino e che si occupa dei diritti Lgbt delle minoranze etniche e religiose, ha realizzato video in 34 lingue, dall’italiano semplificato all’albanese, dall’arabo all’urdu, dal pidgin nigeriano al wolof. «Abbiamo coinvolto molti volontari – precisa il presidente Pier Cesare Notaro – per raggiungere, con linguaggio semplice, anche chi ha difficoltà linguistiche, perché ci siamo accorti che in molte strutture di accoglienza le informazioni erano spesso confuse o scarse».

L’associazione Camera a Sud di Lecce ha realizzato, insieme ai mediatori del progetto Fari, pillole multilingue con le raccomandazioni del ministero della Salute. I mediatori partecipano poi al servizio telefonico sull’emergenza delle Asl di Taranto, Brindisi e Lecce. «In situazioni di eccezionale drammaticità – sottolinea il presidente Matteo Pagliara – sono le attività come la nostra che iniziano ad apparire, ai più, come superflue. Abbiamo dovuto discutere animatamente con alcuni rami delle Asl dell’importanza di non sospendere la nostra attività ma di implementarla. Ci siamo riusciti. Orientare bene chi ha da sempre avuto difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie può essere determinante per vincere la battaglia contro il Covid-19».