Il termine bicicletta, per noi che viviamo in aree benestanti, evoca referenti concettuali ed emotivi positivi. La bicicletta ha segnato l’indipendenza sia dall’utilizzo dell’animale sia successivamente dall’auto inquinante. Il ciclista, essendo la forza propulsiva di se stesso, ha aperto orizzonti di autonomia e libertà (come è avvenuto per le donne, a partire dalle suffragette). Ma la bicicletta non sempre e non ovunque possiede la valenza positiva che noi le attribuiamo. Altrove (ma, in svariati casi, anche qui) è ciò che consente al povero di recarsi al lavoro, oppure è usata come mezzo di repressione contro le manifestazioni popolari (vedi la Cina, J. Rosen,2023).

E’ quindi necessario rendersi conto della molteplicità dei possibili referenti concettuali a cui la bicicletta rimanda, anche se prevalgono quelli positivi. Nel mondo ce ne sono 2 miliardi a fronte di 1 miliardo di auto: anche le bici inquinano a causa dei materiali con cui sono costruite e a causa di quello che rilasciano nell’ambiente, le gomme ecc. Certo inquinano in modo incomparabilmente inferiore alle auto. La questione centrale verte sull’utilizzo della bici non tanto nel tempo libero quanto nella quotidianità: questo è il problema da risolvere, a causa soprattutto della modificazione climatica. Riflettendo sul cosiddetto turismo «ecosostenibile» scopriamo che nella maggioranza dei casi non è tale: l’abuso di termini con valenza positiva copre uno stato di cose negativo, ammanta con caratteri positivi ciò che invece non lo è.

Basta dire «ecosostenibile», «ecologico», «bio», «vegetale animal free»… per indurre il consenso; ma nella maggioranza dei casi sono parole, senza un corrispettivo oggettivo, che hanno solo la funzione di rassicurare qualche anima sensibile. Ciò vale anche per la bicicletta e per questa ciclovia. Rendere protagonisti i ciclisti (cosa pregevole) nasconde in questo caso la distruzione dell’ambiente. L’ambientalismo turistico non è altro che business e devastazione e va distinto dalla cosiddetta «ecologia profonda» che sostiene l’intoccabilità dei paesaggi e il loro valore intrinseco, cioè non relazionale. I filosofi e i bioetici sostengono che l’attribuzione del valore intrinseco agli animali e all’ambiente significhi il riconoscimento dei loro diritti a prescindere da noi, ovvero dal criterio di utilità che ha dettato e detta i nostri comportamenti nei loro confronti. La speculazione in aree ambientali uniche, come sono quelle del Garda, mostra l’ambiguità dell’uso della bicicletta. Molti interventi quindi possiedono il volto dell’antropocentrismo che devasta ciò che l’uomo dovrebbe ammirare grazie alla bici stesse. Le attività che apportano delle modifiche agli habitat naturali portano gli animali alla sofferenza, e alla morte. Ma l’antropocentrismo, le cui componenti essenziali sono l’individualismo, il narcisismo e l’idea dell’onnipotenza, è costituivo della nostra relazione con il mondo.

La bicicletta sulle falesie ne è un esempio. E’ necessaria una svolta etica. L’ambiente è soggetto di diritti a prescindere dall’utilizzo che noi ne facciamo poiché ha un valore intrinseco, che non dipende dalla relazione con l’uomo. Mentre l’etica antropocentrica è fondata sul singolo, sull’individuo, la cosiddetta «ecologia profonda» decentra l’uomo, valorizza l’ambiente e tutti i viventi. La liberazione antiantropocentrica si riferisce quindi all’ambiente e agli animali. L’ecocentrismo, l’ecologia profonda, cercano di estendere i criteri di giustizia anche alla natura. E’ giusto preservare la biosfera come è giusto preservare la biodiversità. La rivoluzione etica messa in campo dalle nuove teorie ecocentriche e della ecologia profonda riguarda l’abbandono di una prospettiva individualistica per passare a quella del cosiddetto biocentrismo olistico: la realtà naturale è un tutto di cui l’uomo fa parte ma ciò che prevale è proprio la totalità stessa (non l’uomo) e l’interconnessione fra le varie parti di questo tutto.

La biosfera ha una dignità morale che va salvaguardata. In natura nessuna entità è isolata dalle altre. Le concezioni etiche che riguardano la totalità della biosfera contengono quindi una visione egualitaria delle parti che compongono il tutto, con ciò negando l’antropocentrismo, ovvero la centralità dell’uomo. Il prevalere dei cosiddetti «tecnici», che intervengono con grandiose opere che modificano profondamente l’ambiente, comporta che non solo essi determinino l’agenda politica ma affermino anche la logica secondo la quale ciò che è possibile fare, grazie all’avanzamento tecnico, sia necessario fare. Sappiamo clonare un essere umano ma non per questo ci è permesso farlo. L’unica tecnica che serve è quella che preserva e conserva l’ambiente: tutto il resto è mercato. E anche questa è una faccenda morale.

Le biciclette possono andare altrove senza produrre disastri. E non è obbligatorio andare ovunque. Ragionando in una biblioteca milanese con dei bambini di 6 e 7 anni per iniziarli all’atteggiamento mentale filosofico, ho mostrato una splendida volta di Damien Hirst. Era costituita da un numero inverosimile di farfalle «dipinte».

– «Bellissima! Come ha fatto a dipingerla?» ha a chiesto un bambino simpatico.

– «Non l’ha dipinta, ha preso le farfalle e le ha imbalsamate. Sono vere e morte».

– «Non mi piace più, è brutta».

Il bambino si è espresso come avrebbe fatto un greco antico: il bello non va disgiunto dal bene. Vale anche per le falesie del Garda. Lasciamole in pace