Come scegliere amici e nemici, bene e male, nel mondo che ci circonda; come affrontare il rapporto con genitori, insegnanti e le difficoltà di una vita di cui non si sa ancora molto…ma soprattutto di chi innamorarsi – dalle pagine della letteratura per young adults ai piccoli/grandi schermi, questi eterni quesiti dell’adolescenza hanno recentemente trovato sfogo, con grandissimo successo, sullo sfondo di scenari dell’immaginazione, mondi distopici, in cui i conflitti dell’infanzia assurgono a elaborate realtà mitico/fantastiche. Le guerriere di queste battaglie dei valori e delle emozioni non hanno superpoteri ma sono anche loro eroine della fantasia – Buffy, Katniss, la Tris di Divergent, Hannah….Insieme alla loro riscossa – salutata sia come un’evoluzione dell’universo narrativo in direzione meno maschio centrica, che come un riconoscimento del peso del pubblico femminile sul box office- si è stagliato all’orizzonte del botteghino USA un tipo di teen movie molto diverso dalla tendenza spettacolare di sopra, ma anche da quella più trasgressiva, più «realistica», spesso venata di documentario che generalmente la contrasta.

Usciti nelle sale americane rispettivamente all’inizio e alla fine dell’estate, Colpa delle stelle (in Italia è arrivato una settimana fa ed è balzato in vetta al box office) Resta anche domani (If I Stay) (nei cinema il 18 settembre), entrambi adattati da best seller per ragazzi, sono due melodrammi così tradizionali che ricordano certe produzioni medie delle Major nella Hollywood anni quaranta. Insolitamente anacronistici, rispetto a una generazione di millennials statisticamente più incline filtrare le proprie emozioni via social network e altrettanto statisticamente sospettosa nei confronti del commitment sentimentale (a proposito consiglio l’articolo di Alex Morris, apparso su Rolling Stone del 3 marzo scorso, Tales From The Millenials’ Sexual Revolution), i giovani protagonisti di questi due film, accomunati da circostanze tragiche, si giurano amore eterno, sulle note di Bach, Beethoven o Vivaldi, parlando di libri, in una cena a lume di candela, o durante un pellegrinaggio ad Amsterdam, dove visitano la casa di Anna Frank. Facebook, Twitter, Face time o skype, non fanno parte dei loro universi comunicativi (e, sembra, nemmeno di quelli dei loro amici). Passi qualche messaggino per promuovere l’immancabile iPhone.

Ma è alla casetta delle lettere che si guarda quando si aspettano notizie veramente importanti. Meglio ancora se l’innamorato scala un albero per entrare dalla finestra, come se visitasse la principessa nella torre di un castello. Il critico del New York Times A.O. Scott li ha definiti delle «macchine» molto ben oliate «per la produzione in massa di lacrime» . A sua conferma, nei rispettivi week end d’apertura, Colpa delle stelle (che ha un budget di circa 12 milioni di dollari) e Resta anche domani (11 milioni) hanno rispettivamente battuto il Tom Cruise di Edge of Tomorrow e l’iperpatinato trendissimo Sin City: A Dame to Kill For.

A parità di fattore saccarina e tendenza retrò tra i due, Colpa delle stelle è probabilmente il film migliore. Tratto da libro omonimo di John Green e diretto da Josh Boone, è narrato da Hazel Grace Lancaster, una diciottenne afflitta da un cancro alla tiroide che le ha messo quasi fuori uso entrambi i polmoni. Hazel (Shailene Woodley, che era Tris in Divergent), inseparabile dallo zainetto d’ossigeno che le permette di respirare, sa che morirà presto, ma fa buon viso a cattiva sorte per non rattristare troppo i suoi magnifici genitori (Laura Dern e Sam Trammell). Sempre per loro, Hazel accetta di frequentare un gruppo di supporto per malati di cancro, dove il suo spirito tagliente e asciutto fa colpo su Augustus che, dopo aver perduto una gamba ma sconfitto il tumore, sogna una vita che «conti», lasci un segno. I riccioli biondi e le maniere di un cavaliere d’altri tempi, ma sapientemente autoironico, Gus seduce la sospettosa Hazel Grace e la aiuta a coronare il suo unico sogno: incontrare Peter Van Houten, autore di un libro sul cancro che lei ama moltissimo, ma che ha smesso di scrivere e vive in reclusa solitudine ad Amsterdam.

Il fatto che quando i due ragazzi arrivano in Olanda Van Houten (Willem Dafoe) si riveli un alcolizzato cattivo e inaridito, è secondario. Perché il vero viaggio di Hazel e Augustus in realtà è tutto un altro –una teen disquisizione filosofica, sull’amore, la morte e il senso della vita prima di scomparire per sempre. Ricordano per certi versi i giovani amanti di Restless, di Gus Van Sant. Ma Hazel e Gus sono più pragmatici, dei nostri giorni (sceneggiatori e regista hanno colto bene la lunghezza d’onda che ha reso così popolare il libro di Green), e il film –mano a mano che si fa più triste – diventa anche più divertente.

Niente humor ma un tocco di soprannaturale in Resta domani, dal libro di Gayle Forman, diretto dal documentarista R.J. Cutler che però qui lavora con la macchina ben ancorata al treppiede e secondo la mise en scene di un dramma tradizionale. Come in Colpa delle stelle, la storia viene introdotta dalla voce della sua eroina, Mia (Chloe Grace Moretz), una giovanissima promessa del violoncello di Portland, con una madre e una madre ex rockettari punk, e un fidanzato che è la star di una band della città. Anche qui, la morte incombe fin dall’inizio quando, dopo un incidente d’auto nella neve, Mia, in coma, ma appare poi anche in una versione fantasma di se stessa, si trova nei corridoi dell’ospedale a guardare cosa succede a sè e ai suoi genitori e, in una serie di flash back, a ripercorrere il suo passato. Per decidere se vuole vivere o no, anche dopo aver perso quasi tutto.