Economia

Non è un paese per pendolari. Italia ad alta diseguaglianza

Non è un paese per pendolari. Italia ad alta diseguaglianzaViaggiatori alla Stazione centrale di Milano – LaPresse

Rapporto "Pendolaria" di Legambiente: record di viaggiatori nel trasporto locale, ma gli investimenti sono crollati. A Sud meno treni e più vecchi, mentre il Nord e una parte del Centro sfrecciano

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 4 febbraio 2020

Tutto il paese che non corre con l’Alta velocità usa treni sopravvissuti ai tagli di Intercity e regionali. Al sud si arrangia sui convogli più vecchi in assoluto (19,3 anni in media contro i 12,5 del Nord) e inferiori rispetto al 2010. Solo in Sicilia – 5 milioni di abitanti – oggi ci sono 486 corse al giorno dei treni regionali contro le 2.560 della Lombardia, 10 milioni di abitanti, quasi 5,3 volte in più. Le corse giornaliere in provincia di Bolzano sono 266, quasi quante quelle offerte in Sardegna (297) dove però la popolazione è oltre il triplo. In Calabria sono 341 le corse giornaliere, meno delle 355 effettuate in Liguria dove popolazione ed estensione sono inferiori.

CARROZZE SOVRAFFOLLATE, degrado, ritardi. Questo è il racconto che emerge da «Pendolaria», il rapporto di Legambiente presentato ieri alla Real Fonderia della Cala di Palermo con, tra gli altri, del ministro per il Sud Giuseppe Provenzano. Nulla è cambiato, anzi molto è peggiorato, nella vita di 5.699 milioni di pendolari al giorno (nuovo record) in un paese che non si sposta fuori dalle direttrici principali dell’alta velocità su convogli che sono molto diversi in media dagli Ntv, ETR 500, ETR 480 o i roboanti Frecciarossa 1000 che si scapicollano da Milano a Salerno, e crescenti diramazioni soprattutto nel centro-Nord, in cambio di prezzi esorbitanti e elitari. Muoversi su rotaia anche in Italia non è low cost, né una questione di democrazia. Si muove, chi se lo può permettere. Per tutto il resto ci sono gli autobus o gli aerei economici, quando sono accessibili. O l’autofinanziamento come sta accadendo alle feste comandate dove per tornare al Sud si è diffusa la pratica di affittare un mezzo collettivo come un autobus. Più economico muoversi così in un paese con una drammatica carenza storica di infrastrutture.

QUESTA VITA ACROBATICA è la conseguenza diretta del taglio dei finanziamenti statali per il servizio ferroviario regionale. Tra il 2009 e il 2019 sono diminuiti del 21,5%, mentre i passeggeri sono cresciuti di oltre l’8%. I fondi ai trasporti su gomma e su ferro sono passati da circa 6,2 miliardi di euro a 4,8 miliardi nel 2019. La dotazione del Fondo Nazionale Trasporto pubblico locale (Tpl) è pari a 4.876.554 euro per il 2019 e a 4.875.554 euro per il 2020. Risorse inadeguate per potenziare i servizi, del tutto insufficienti per recuperare la differenza con gli altri paesi europei. Per gli Intercity l’offerta treni/chilometri è scesa del 16,7% dal 2010 al 2018 e i passeggeri sono diminuiti conseguentemente del 42,8%. Accade in Campania, dove i passeggeri sono calati dai 467 mila del 2011 a 262 mila nonostante la crescita registrata negli ultimi tempi. In negativo i dati in Molise (-11% di passeggeri e la Termoli-Campobasso chiusa), in Umbria e in Basilicata dove il calo si attesta sul 34%.

L’INDUSTRIA DELLE AUTO in picchiata detta legge, mentre quella su rotaia indirizza gli investimenti in maniera indirettamente proporzionale alla loro accessibilità. La scelta delle politiche pubbliche a favore del capitale è chiara. Dal 2002 al 2017 i finanziamenti statali sono andati per il 60% agli investimenti in strade e autostrade. Dal 2010 al 2017 sono stati realizzati 275 km di autostrade, tra le quali la Bre.Be.Mi., il Quadrilatero nelle Marche e Umbria, parte della Asti-Cuneo. A queste si aggiunge il romanzo del trasporto urbano all’italiana. Contro 1.543 km di nuove strade nazionali, ci sono stati solo 70 km nuovi di metropolitane e 34,5 km di tram (17 a Palermo, 12,5 a Venezia, 6 a Cagliari). Il servizio pubblico in metro in questo paese è fotografato con impietosa precisione da un grafico contenuto nel rapporto: complessivamente, i km coperti dalle metropolitane di Torino, Milano, Brescia, Genova, Napoli, Catania sono 247,2. La sola Madrid conta su 291,5 km, Londra 464,2, Parigi, 221,5. La strutturale difficoltà di gestire i fondi europei, la difficoltà di stabilire una qualità nei servizi esistenti: sono molteplici le cause, storiche e più immediate, di questo storico vuoto. Ma probabilmente alla base esiste una concezione dello sviluppo urbanistico attardato sui vecchi sogni della mobilità privata e proprietaria, altamente inquinante. Legambiente chiede al governo un «green deal» per il trasporto urbano e smettere di perseguire la priorità delle «grandi opere». I primi spiccioli sono arrivati: 4,2 miliardi dai fondi europei, 2,3 dalla legge di bilancio 2019, 523 milioni per la Roma-Lido, la Circumvesuviana e altro. Il programma resta vasto.

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