A quattro anni da I segnalati (Fazi) e a uno dalla ristampa della raccolta di racconti Io odio John Updike (sempre per Fazi, nel 2006, e riproposta nel 2016 da minimum fax), Giordano Tedoldi torna in libreria con un romanzo complesso e ambizioso: Tabù (tunuè, pp. 361, euro 14,90).

SULLA SOGLIA, già il titolo – come il capitolo iniziale – ci prepara alla temperatura emotiva del libro, agitato, più che da una torsione filosofica, da un vero e proprio rovello antropologico; l’attacco è diretto, le intenzioni di Piero Origo – uno dei protagonisti, quello intorno cui ruotano tutti gli altri – dichiarate, il primo tabù da infrangere svelato: non desiderare la donna d’altri. Perché è proprio questo, infatti, che desidera Piero: lui vuole Emilia, la moglie insicura del suo miglior amico, Domenico, narciso accademico. Pure, non si tratta solo di questo. Non è questo il solo tabù. C’è poi Dolores, detta Dolly, vero e proprio deus ex machina del romanzo, e ci sono Marco e Giuliana a agitare cappe scarlatte davanti agli occhi di Piero. E Antonia e Barbara, Danilo e Eva.

NELLA COMITIVA di persone che frequenta, ama, tollera e disprezza (comitiva che poi diventerà comune), Origo agisce come un virus per scompaginare dinamiche prestabilite e convenzioni condivise; mosso da un’inquietudine radicata e irrisolvibile, sperimenta il grado di sopportazione della tolleranza alzando di continuo l’asticella di resistenza etica dei rapporti umani. E lo fa esponendo prima di tutto se stesso agli effetti potenzialmente distruttivi delle sue azioni, come un martire laico e illuminista: la cerchia di amici, il clan – da sempre osservatorio privilegiato di Tedoldi – si apre a nuovi ingressi, fissa regole, le tradisce, perde pezzi, si sfalda e si ricompone, ma tutto questo non è senza conseguenze: alla geometria dei rapporti – che sono quasi sempre legami di sangue – si sovrappone, quasi ne fosse la cartina di tornasole, la medicina dei corpi.

L’AUDACIA, l’ambizione, il coraggio e la spregiudicatezza di Piero – per il quale non esiste pensiero se non in atto – producono scorie di senso e di materia. Nulla sembra basti alla sua sete di conoscenza e nessuno, se non un’anima affine alla sua, la più inaspettata, la più inattesa, dimostra di essere in grado di tenere il suo passo tragico e vitale. Sarà quest’anima, questa persona di cui è impossibile svelare qui l’identità senza corrompere l’effetto sorprendente della struttura romanzesca di Tabù (una struttura che alterna registri, progredisce e regredisce sconvolgendo il tempo lineare del racconto in favore di quello ellittico della narrazione); sarà questo deuteragonista, dicevo, ad accompagnare il progress di Piero verso il suo inevitabile epilogo. E oltre.
Nell’eterno-ritorno della fraîcheur des premières impressions, «ovvero la tentazione della tentazione».