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Nomine Anac, una scelta spartitoria

Nomine Anac, una scelta spartitoriaL'Aula di Montecitorio

Lettera aperta Mentre l’opinione pubblica internazionale, e tutti gli italiani onesti e responsabili, si interrogano sul ruolo che giocheranno le mafie nell’economia post-Covid a partire dal nostro Paese, il governo italiano avvia […]

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 13 agosto 2020

Mentre l’opinione pubblica internazionale, e tutti gli italiani onesti e responsabili, si interrogano sul ruolo che giocheranno le mafie nell’economia post-Covid a partire dal nostro Paese, il governo italiano avvia il rinnovo dei vertici dell’Anac, l’autorità anticorruzione: e la corruzione è notoriamente l’autostrada della criminalità organizzata.

Come non mai, avremmo oggi bisogno di esperti di lotta alla corruzione, e di personalità indipendenti dal potere politico. Perché quando, invece, la scelta non avviene per competenza ma solo per appartenenza, è proprio allora che la corruzione inizia a trovare un terreno propizio.

E non è solo questione di opportunità, è la legge a imporre che presidente e membri dell’Anac siano scelti tra esperti «di notoria indipendenza e comprovata esperienza in materia di contrasto alla corruzione». Ebbene, noi domandiamo: nelle recenti designazioni del Governo, sono stati rispettati questi criteri di selezione?

Evidentemente no. La scelta è avvenuta in base a criteri che, nella gran parte dei casi, paiono di vicinanza personale e di spartizione politica: criteri che minano alla radice l’indipendenza dei componenti.

E poi: di quali competenze sono portatori i nuovi membri designati dell’Autorità? Tutti hanno un profilo giuridico, ma solo in pochi casi è presente la prevista «comprovata esperienza» in tema di contrasto alla corruzione. L’Anac si occupa di trasparenza, integrità dei funzionari, prevenzione della corruzione, contratti pubblici: in quali di questi campi si collocano le competenze effettive dei membri designati? Anac svolge attività di vigilanza, consultiva e di regolazione, ma anche di tipo conoscitivo e “culturale”. Servirebbero profili in grado di assicurare queste diverse specializzazioni e competenze: i membri designati rispettano queste esigenze?

La fiducia nell’Autorità è condizione per l’effettività delle sue funzioni: quale dipendente pubblico segnalerà fatti illeciti sapendo di rivolgersi ad un’Autorità troppo vicina alla politica? Che effetto avranno i provvedimenti dell’Anac, il cui rispetto dipende dall’autorevolezza di cui gode nella Pubblica Amministrazione e fra i cittadini?

Il Parlamento può e deve ribaltare il grave errore del governo. Le commissioni parlamentari devono esigere che i componenti dell’Anac siano scelti attraverso una procedura di selezione trasparente. Sarebbe utile, al fine di valutare la loro idoneità al ruolo, un passaggio attraverso audizioni pubbliche tra più aspiranti, per un confronto aperto sulla loro indipendenza, integrità, competenza, esperienza.

Da qualche tempo cogliamo, da parte della politica, i segnali di un minore impegno nella lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata. Dai palazzi del potere si guarda con crescente fastidio alle normative sulla trasparenza, e si invocano deroghe e de-regolamentazione: altri sono i valori, le esigenze, le urgenze da anteporre all’anticorruzione, spesso interpretata come un intralcio allo sviluppo economico. Ma meno regolamentazione è possibile solo e rigorosamente in presenza di autorità di vigilanza autorevoli e incisive. Integrità e trasparenza sono condizioni di eguaglianza, garanzia dei diritti, tutela del merito e della concorrenza, e sono ancora più importanti nel momento in cui la spesa pubblica si annuncia come fattore decisivo per il superamento della crisi economica.

Sta alla politica non ammainare questa bandiera, sta alla società civile vigilare perché questo non avvenga. Come gli altri governi che lo hanno preceduto, anche questo pensa che il Paese riparta con meno controlli e più grandi opere: noi invece pensiamo che ciò che frena l’Italia sia proprio la corruzione.

Ora la parola è al Parlamento: con umiltà e fermezza chiediamo che sia una parola forte, indipendente, ponderata e lungimirante. Perché se, dopo la pandemia, l’Italia sprofondasse nel contagio della corruzione sarebbe un secondo più grave colpo per il nostro tessuto economico-civile. E questa volta senza più speranze di ripresa.

Enrico Carloni, Nando Dalla Chiesa, Andrea Franzoso, Tomaso Montanari, Gaetano Azzariti, Gian Carlo Caselli, Donatella Della Porta, Roberta De Monticelli, Emiliano Di Carlo, Antonio La Spina, Paolo Mancini, Francesco Pallante, Gianfranco Pellegrino, Alessandra Pioggia, Corrado Stajano, Gustavo Zagrebelsky

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