A chi fa paura l’orso? No di certo agli agricoltori e agli apicoltori che vivono nel Parco Nazionale della Maiella in Abruzzo, uno dei tre parchi nazionali dell’Abruzzo che ricade tra le province di Chieti, L’Aquila e Pescara.

Questo è il frutto di un patto sancito tra chi vive e opera all’interno del Parco e il grosso mammifero. Per attestare che è possibile avere una positiva coesistenza con questi animali è stato istituito il marchio Bear Friendly, Amico dell’Orso, di cui si fregiano miele, olio d’oliva, frutta e ortaggi. Un riconoscimento per i produttori che, attraverso il loro lavoro quotidiano, promuovono la coesistenza con l’orso e la sua tutela e la biodiversità.
«Negli ultimi 10-15 anni abbiamo rilevato la presenza stabile di 4-5 individui ogni anno», racconta Luciano Di Martino, biologo e direttore del Parco Nazionale della Maiella, «con un dato più significativo che è la presenza di femmine e di almeno due eventi di riproduzione con la nascita di 5 cuccioli tra il 2014 e il 2018, dati che indicano che è in corso l’auspicato processo di espansione della popolazione di orso dal Parco Nazionale d’Abruzzo alle altre porzioni del suo areale potenziale. Partendo da questi dati abbiamo iniziato un dialogo fatto di interlocuzioni con i singoli produttori e riunioni di gruppo dove le esigenze di tutela dell’orso e dell’ecosistema sono state messe a confronto con i desideri e le aspirazioni dei produttori».

Di Martino, quanti sono gli agricoltori e gli apicoltori che si fregiano del marchio Bear Friendly?

Attualmente sono state insignite del marchio sei aziende agricole e quattordici aziende apistiche che producono nei comuni del Parco, ma ci sono altre richieste che stiamo vagliando proprio in questi giorni. Parliamo di circa il 20 per cento degli apicoltori stanziali e transumanti che frequentano il nostro territorio e di circa il 10-15 per cento delle aziende agricole potenzialmente interessate. Una percentuale molto soddisfacente che è di buon augurio per questo percorso appena iniziato. In futuro poi prevediamo di estendere la possibilità di richiedere il marchio anche ad altre categorie: allevatori, guide ambientali ed escursionistiche, ristoratori.

Quindi consapevolmente agricoltori e apicoltori adottano tecniche e comportamenti per evitare situazioni di conflitto con l’orso.

Certo. Il punto d’incontro è stato trovato facilmente perché i produttori si sono mostrati fin da subito orgogliosi di poter contribuire alla tutela dell’orso e felici di veder riconosciuto il loro impegno nell’attuare metodi di produzione rispettosi del territorio che ci ospita. Loro sono più che mai consapevoli che la tutela dell’ecosistema è sinonimo di tutela della nostra salute e del nostro benessere e noi del Parco siamo felici di insignirli del ruolo di ambasciatori di questo messaggio. Questo percorso di fidelizzazione di agricoltori e pastori, categorie sociali essenziali per la vita del Parco in termini di mantenimento degli habitat seminaturali e dello sviluppo e affermazione di politiche di economia circolare, è iniziato circa vent’anni fa con i progetti Coltiviamo la Diversità e Allevatori della Montagna Madre. Parimenti con gli apicoltori il Parco ha avuto un ottimo rapporto sin dalle origini, anche attraverso percorsi di conoscenza e qualificazione delle produzioni.

Da chi sono state redatte le regole di convivenza?

Questo è un aspetto del marchio Bear Friendly che ci sta molto a cuore. Le regole sono state scritte attraverso un lavoro di squadra dell’Ente Parco, il Wwf Italia e i produttori stessi nell’ambito del progetto europeo Life Arcprom. Il Wwf ha portato avanti un lavoro preliminare di analisi dei potenziali beneficiari e del contesto economico sulla base della quale i tecnici del Parco hanno redatto una prima bozza di disciplinare. Questa è stata poi condivisa con i produttori, modificata e integrata.

Che cosa prevedono?

Le regole prevedono che apicoltori e agricoltori, per poter beneficiare del marchio, debbano proteggere le arnie e le superfici coltivate dai danni da orso con l’installazione di recinzioni elettriche, allevare l’ape italiana (ape mellifera ligustica), coltivare vecchie varietà di piante da frutto e ortaggi o usare metodi di produzione biologica o comunque a ridotto impiego di fitosanitari. Parliamo di tutte pratiche volontarie che contribuiscono a ridurre il conflitto uomo-orso e a tutelare l’ecosistema e che il Parco della Maiella vuole premiare e promuovere per diffondere il messaggio che la coesistenza è possibile ed è nelle mani di tutti noi, non solo dell’Ente Parco, ma anche delle comunità locali.

Avete misurato anche l’impatto economico dell’orso marsicano sul territorio in cui vive. Cosa ne è uscito?

Sempre nell’ambito del progetto europeo Life Arcprom il Wwf Italia ha ideato e realizzato uno studio sul valore economico dell’orso in termini di pubblicità gratuita che porta al territorio facendo parlare di sé sui quotidiani e sul grande schermo. Quello che è venuto fuori è che il valore pubblicitario dell’orso supera i dieci milioni di euro in cinque anni, più di un milione di euro se si considerano solo i passaggi sui media relativi al Parco della Maiella. Questo risultato non solo ci dice che l’orso fa pubblicità gratuita al territorio del Parco della Maiella ma anche che il ritorno economico legato alla sola pubblicità supera di gran lunga gli stanziamenti spesi per la gestione dei danni e in generale nei progetti di conservazione. In pratica il budget che il territorio deve pagare per la presenza dell’orso è in attivo!

Un buon ritorno economico dalla presenza dell’orso e non, quindi, una diminuzione dei turisti.

La tutela dell’orso non passa attraverso una diminuzione dei turisti, ma attraverso un’analisi dei flussi e successivamente una corretta gestione degli stessi e una comunicazione efficace.

Con la popolazione dei paesi che ricadono nel Parco non c’è mai stato motivo di scontro, paura, per la sua presenza?

Ci sono stati momenti in cui gli abitanti del Parco hanno mostrato paura, soprattutto quando alcuni individui hanno frequentato i paesi attratti dai pollai o dai rifiuti. In linea generale però abbiamo trovato un contesto sociale molto positivo e collaborativo, la maggior parte delle persone ha accettato di dover installare recinzioni elettrificate fornite da noi o ha provveduto a fare di tasca propria lavori di protezione di stalle e pollai. Certamente c’è ancora da lavorare, ma sentiamo di avere sul territorio preziosi alleati che ci aiuteranno a costruire una coesistenza sempre più profonda e radicata.

È possibile mettere a confronto la situazione in Abruzzo con quella del Trentino?

Confrontare l’Abruzzo e il Trentino non ha molto senso, parliamo di due contesti molto diversi e di due popolazioni di orso diverse: una storica, in Abruzzo, e una reintrodotta, in Trentino. Quello che accomuna le due regioni è però la necessità di adottare i giusti comportamenti. In Abruzzo come in Trentino è sbagliato avere paura dell’orso, ma è altrettanto sbagliato considerarlo un animale buono e innocuo. La parola chiave è conoscere. Conoscere l’orso e come comportarsi nei territori in cui conviviamo.

Cosa pensa sul fatto che si vorrebbe abbattere gli orsi Ji4 e Mj5?

La gestione di situazioni problematiche come quella accaduta in Trentino è disciplinata da protocolli. Sono dunque certo che le decisioni che verranno prese saranno conformi ai protocolli redatti e reputati efficaci per garantire un futuro alla popolazione di orso delle Alpi. Inoltre, ritengo che anche la cattività in aree faunistiche dedicate possa essere una soluzione efficace se associata ad azioni di sensibilizzazione e di educazione ambientale territoriale, in considerazione anche dei numerosi sforzi progettuali sostenuti dagli enti nazionali ed europei per la salvaguardia della specie.