Rossana Rovito ha 21 anni e da quando ha iniziato a reggersi sulle sue gambe tira calci al pallone. Un fatto naturale, la passione di sempre, che l’ha portata prima a giocare in molte squadre a 11 e poi, da 5 anni, nello Sporting Locri, formazione di calcio a 5 femminile che milita in Serie A. Ora che la sua passione è a rischio, per la decisione del presidente Armeni di ritirare la squadra dopo le minacce subite nell’ultimo mese, si sente tutt’altro che abbattuta.

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Le ragazze dello Sporting Locri

«Io e tutte le mie compagne vogliamo giocare. Questo è l’unico appello che ci sentiamo di fare in risposta alla solidarietà ricevuta dal mondo del pallone e dalle istituzioni locali», racconta al manifesto. «Non è una questione di soldi o di lavoro, sia chiaro: per la maggior parte di noi è una passione, sono poche quelle che lavorano giocando. È una questione di principio: non capisco quale problema possa creare una squadra femminile di calcio a 5».

Studentessa di Giurisprudenza alla Germaneto di Catanzaro, Rossana è originaria di Isca sullo Ionico, 60km da Locri, dove sta passando le feste di Natale in famiglia.

Questa storia ti ha rovinato le feste…

Dovevano essere 15 giorni di pausa, per staccare la spina e ricaricare le batterie: ci alleniamo tutti i giorni in doppia seduta tranne il lunedì, il sabato c’è la rifinitura e la domenica la partita. Pensavamo ci facessero bene queste vacanze, invece non vediamo l’ora di tornare in campo. Perché sia chiaro: il 10 gennaio noi, contro la Lazio, vogliamo giocare.

Come stai vivendo, da dentro, il dramma dello Sporting Locri?

C’è una premessa doverosa da fare, per quanto possa sembrare scontata: viviamo in una terra molto difficile, dove spesso è dura inseguire i propri sogni. Metti in fila tanti piccoli sforzi e ci costruisci intorno una soddisfazione, poi ti accorgi che in un attimo il mondo ti può crollare addosso. Quello che ci ripetiamo è: come si può pensare che per qualcuno, in un paese come Locri, la nostra squadra sia un problema prioritario. È assurdo.

Cosa avete pensato davanti alla reazione di Armeni di “chiudere” per le minacce?

Sappiamo che non è facile oggi essere nei suoi panni. Noi, come giocatrici, non condividiamo la sua scelta e abbiamo avuto modo di dirglielo: vogliamo andare avanti, scavare fino alle radici di questa storia e sapere tutto. Il presidente, dal canto suo, ci ha fatto capire che il problema non è tanto quanto accade oggi, ma quello che potrebbe accadere un domani, quando i riflettori su questa storia saranno spenti e ci ritroveremo tutti da soli, lui in primis.

Credete che finirà così? Le istituzioni sportive, dalla Lega Dilettanti fino alla Figc e al Coni, si sono fatte sentire con forza.

È vero, ma non basta. Non possiamo pensare che questa storia sia confinata solo al mondo dello sport. Il sindaco Calabrese e il presidente della regione Oliverio si sono già espressi, ma è impensabile che dal governo nazionale non sia arrivata una presa di parola forte e autorevole.

Con le altre giocatrici e donne dello sport italiano vi state coordinando per una campagna che tuteli la vostra squadra?

Assolutamente sì. Siamo in stretto contatto con Patrizia Panico (capitana della Nazionale femminile, ndr) e Melania Gabbiadini (giocatrice del Verona, ndr): l’idea è quella di organizzare qualcosa di grosso per l’anno nuovo. Non sappiamo ancora cosa, e siamo anche in attesa di sviluppi da questa storia così amara. Ma di certo non ci fermeremo qui.