Da un lato il contratto di governo parla di riconsiderare il progetto della Tav in Val di Susa, anche se dopo il vertice tra Di Maio e Salvini viene rimosso il passaggio che parlava chiaramente di «sospensione dei lavori». Nel documento rivisto dai due leader c’è scritto: «Con riguardo alla Linea ad Alta Velocità Torino-Lione, ci impegniamo a ridiscutere integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia». Laura Castelli, deputata torinese e unica donna a partecipare alle riunioni con la Lega, cerca di rassicurare la base: «Appellarsi all’accordo tra Italia e Francia è un modo concreto per evidenziare l’inesistenza del presupposto alla realizzazione». D’altro canto, nel documento non si fa alcun riferimento al Terzo valico dell’Alta velocità che condurrà da Genova a Milano. Un’opera per la quale il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, forzitaliota considerato vicino alla Lega che è stato tra gli artefici del «passo di lato» di Silvio Berlusconi che ha sbloccato le trattative per il governo, aveva chiesto garanzie. Nessun riferimento a MoSe, Tap, Gronda e agli altri cantieri miliardari sorti da anni e contestati da sempre dal Movimento 5 Stelle. Per queste faccende spinose che né i tavoli di lavoro né i vertici a due tra i leader sono riuscite a dirimere, il contratto rimanda al controverso organismo chiamato Comitato di conciliazione, che avrà tra i suoi poteri quello di «adottare le opportune decisioni dopo un’attenta analisi e valutazione del rapporto tra costi e benefici, con riferimento alla realizzazione e al completamento delle opere pubbliche di rilievo nazionale non espressamente menzionate nel presente contratto». Il che equivale a dire che questi problemi sono rimandati a dopo che il governo si sarà insediato.