Domani, Bussoleno, forse la capitale della protesta No Tav, si riempirà ancora una volta di fiaccole. Ancora una volta per un’iniziativa contro gli arresti di attivisti contro la Torino-Lione. Un déjà-vu a cui la Valle non vuole abituarsi. Otto giovani sono stati arrestati dopo un’azione di contrasto al cantiere della Maddalena a Chiomonte al culmine della tre giorni «Seminiamo la Resistenza»: quattro universitari, due No Tav bolognesi, un militante del centro sociale Askatasuna di Torino e un ragazzo minorenne di 17 anni, studente delle superiori, che è stato portato al carcere minorile Ferrante Aporti, dove ieri decine di manifestanti si sono riuniti in presidio per chiederne la liberazione. Le accuse, contestate loro dai pm Marco Gianoglio e Antonio Rinaudo, sono di resistenza e violenza aggravata a pubblico ufficiale, esplosione di ordigni e travisamento. Gli inquirenti descrivono l’azione come un vero e proprio attacco «premeditato e bene organizzato». Uno degli agenti rimasti feriti dal lancio di grossi petardi ha riportato una prognosi di 25 giorni per un grave trauma uditivo.

«Questi arresti non ci intimidiscono e non fermeranno la nostra lotta che è fatta di tanti momenti, tra cui le iniziative notturne contro quel cantiere che devasta e uccide il nostro territorio e il futuro di tutti», rispondono i No Tav che non fermano le iniziative – al via il campeggio studentesco – e chiedono la liberazione dei loro compagni in manette.

Gli arresti contro i No Tav non sono un fatto nuovo che, però, nel suo ripetersi incessante, secondo i legali del movimento, testimoniano «l’anomalia torinese», dove i reati relativi al conflitto sociale hanno una via preferenziale, «un ufficio della Procura dedicato» e «un eccesso nell’uso della custodia cautelare». E una sottolineatura nei confronti degli autori più che dei reati in sé. Oggi, davanti al gip torinese Ambra Cerabona, si terrà l’udienza di convalida per sette degli otto attivisti No Tav arrestati nella notte tra sabato e domenica nel corso dell’assalto al cantiere della Torino-Lione. Il minorenne seguirà un iter giudiziario diverso.

Una piccola bufera colpisce invece i realizzatori dell’opera. Nella nomina dell’architetto Mario Virano a direttore generale di Telt, la società incaricata di costruire e gestire la futura Torino-Lione ad alta velocità, ci potrebbe essere stato un conflitto di interessi. Lo accerterà un procedimento avviato dal Garante della Concorrenza e del mercato, dopo la segnalazione fatta da Francesca Frediani, consigliere regionale M5s del Piemonte. L’Antitrust valuterà se è stata violata la legge 215 del 2004, nominando Virano prima che fossero passati 12 mesi dalle sue dimissioni da commissario straordinario di governo per la Tav e presidente dell’Osservatorio sulla Torino-Lione. «Il titolare di cariche di governo – viene ricordato nel provvedimento del Garante della Concorrenza – non può ricoprire cariche o uffici o svolgere altre funzioni ovvero esercitare compiti di gestione in società aventi fine di lucro o in attività di rilievo imprenditoriale».

A stretto giro di posta è arrivata la risposta di Virano, in merito al procedimento per incompatibilità: «Da buon soldato ho obbedito agli ordini ricevuti: fino al 23 febbraio il governo mi ha detto che dovevo fare il commissario e il giorno stesso assumere l’incarico di direttore generale di Telt». L’attuale direttore di Telt ha concluso: «Presumo che il governo abbia fatto ogni cosa nel rispetto delle normative vigenti. Ed ora i miei avvocati stanno preparando tutta la documentazione da consegnare all’Antitrust».