La città ha risposto in massa. Un corteo straordinario come non si vedeva da decine di anni. La Prefettura, il giorno prima, preventivava la presenza di 6000 persone ma sono almeno tre volte tante. Ci sono tutti: i rappresentanti delle istituzioni cittadine, il vescovo, i politici locali di tutti i colori, i segretari nazionali di Fiom, Fim e Uilm che parleranno dal palco in piazza Unità, sindacalisti e lavoratori di tutte le categorie. Tanti, davvero tanti, i cittadini, famiglie, anziani, giovani. Ci sono gli operai della Wärtsilä a centinaia con le delegazioni degli stabilimenti di Genova, Napoli e Taranto. Le bandiere si incrociano e colorano la strada: dai confederali a Ugl a Usb. Compare anche il gonfalone di Confindustria Alto Adriatico.

IL CUORE produttivo della più grande fabbrica di motori navali d’Europa è a Bagnoli della Rosandra, nel retroterra industriale di Trieste. Secondo Wärtsilä questo cuore dovrebbe smettere di battere il 14 settembre perché la Corporation ha deciso di chiudere e portare la produzione in Finlandia. Un colpo micidiale per un’industria in costante crescita con centinaia di addetti e un indotto altrettanto consistente ma anche per una città che ha visto scomparire negli anni tante, troppe, realtà produttive. Per Trieste la costruzione di motori navali è una tradizione che si perde negli anni, da quando era il porto dell’Austria a quando continuava a vantare cantieri navali di eccellenza.
PROPRIO la chiusura dei cantieri navali, nel 1966, aveva portato in piazza la classe operaia con scontri durati giorni e un corollario di morti e feriti, e aveva determinato, come parziale compensazione, la nascita della Grandi Motori Trieste. Wärtsilä è subentrata alla Grandi Motori nel 1997 privatizzando lavoro e know how, ha beneficiato di poderosi sostegni pubblici fino a bussare, di recente, allo sportello del Pnrr ma, di fronte ai benefit garantiti dallo Stato finlandese, ha deciso di smantellare tutto. Un patrimonio di abilità e competenze per un asset strategico e particolare com’è quello della navalmeccanica che rischia di andare perduto per l’arroganza di un gruppo privato che ha come obiettivo solo il massimo profitto.

IN PIAZZA si accalcano cittadini, lavoratori, striscioni, c’è il Presidente della Regione Fedriga: «Non solo per Wärtsilä, ma per le vertenze di domani, perché altrimenti qualsiasi azienda potrà decidere, senza dare giustificazioni, di lasciare per strada le persone e chiudere i siti produttivi anche se in utile» dichiara. E annuncia la presentazione di un ricorso d’urgenza: «L’amministrazione regionale è coinvolta per effetto delle recenti norme sulle delocalizzazioni contenute nella legge di bilancio ma facciamo di più: chiediamo che il Tribunale sollevi, in via incidentale, la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni statali perché la procedura introdotta con la legge di Bilancio 2022 lascia totale discrezionalità all’impresa». Fedriga, leghista, sembra dunque consapevole dei limiti della nuova legge che, pure, è stata Confindustria a pretendere e la Lega a imporre. Stesso ordine di idee per il ministro Orlando che, in mattinata ai cancelli di Wärtsilä, ha parlato di una normativa sulle delocalizzazioni che lo ha lasciato amareggiato perché non era quella che voleva: «La difesa del mercato non si può tradurre nel diritto di distruggere la capacità di uno stabilimento che funziona».

È DUNQUE una piazza che chiede un futuro per lo stabilimento di Bagnoli della Rosandra ma anche una rivisitazione della normativa perché si tutelino i lavoratori e si applichi la Costituzione che, nel definire libera l’iniziativa economica privata, ricorda che esiste una responsabilità sociale d’impresa. Lo sanno bene i lavoratori Gkn, anche loro con una delegazione in corteo a Trieste: chissà che prima o poi non venga ripescata la loro proposta di legge che giace in qualche cassetto del Parlamento. Il Consiglio di Fabbrica Gkn con lo striscione «Insorgiamo» e i tamburi: sono, con Usb e un nutrito gruppo di Fiom, lo spezzone sindacale che tenta di farsi sentire in una manifestazione eccezionalmente partecipata ma sostanzialmente silenziosa perché la Questura ha vietato ogni amplificazione, niente furgoni, altoparlanti, musica. Ma la città è in piazza, al di là di ogni aspettativa: è chiaro che è un momento cruciale per Trieste ma anche per l’intero futuro industriale del paese perché se Wärtsilä passa qui è un segnale di «via libera» per tutte le multinazionali e non solo.