Turismo e aree naturali protette: dovrebbe essere un binomio perfetto ma non è sempre così. Dal consumo di energia elettrica all’inquinamento legato agli spostamenti, dallo spreco di acqua alla sovraproduzione di rifiuti fino agli impatti su habitat e specie per la costruzione di infrastrutture, il costo ambientale del turismo non è affatto trascurabile.

Paradossalmente a volte è proprio la domanda di vacanze in aree naturali a causare danni all’ambiente. Una errata «valorizzazione» di siti naturali, per facilitarne la fruizione, finisce per compromettere quelle valenze paesaggistiche e floro-faunistiche che hanno determinato la creazione di parchi e riserve.

È quanto sta accadendo in uno degli habitat più delicati dell’Appennino centrale, i Pantani di Accumoli, laghetti di origine glaciale situati in provincia di Rieti al confine tra il Parco nazionale dei Monti Sibillini e il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga su un crinale che unisce Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo.

Proprio qui il Comune di Accumoli e la Regione Lazio vorrebbero realizzare una nuova struttura ricettiva, definita «rifugio», destinata ad avere, fin dalla fase di cantiere, un pesante impatto su un delicatissimo ecosistema. Si tratta infatti di un grande edificio a tre piani che dovrebbe sorgere proprio nel cuore dei Pantani, ben visibile sia dai Monti Sibillini che dai Monti della Laga: un’opera fuori contesto, e al di fuori degli strumenti pianificatori vigenti, tanto da richiedere una variante del Piano Regolatore Generale Comunale. A nulla sono valse le manifestazioni e le prese di posizioni contrarie, così come sono cadute nel vuoto le richieste fatte al Comune e alla Regione di avviare un confronto sul futuro dell’area: le due amministrazioni hanno mantenuto una posizione di chiusura a qualsiasi idea alternativa avanzata da associazioni ambientaliste e comitati.
Così Cai, Lipu, Mountain Wilderness, Salviamo l’Orso, Wwf Italia e il Comitato Civico 3e36, tutti patrocinati dall’avv. Valeria Passeri del Foro di Perugia, sono stati costretti a presentare un ricorso straordinario al capo dello Stato, poi trasferito al Tar Lazio.

La struttura è stata giustificata con la necessità di un rilancio socioeconomico del territorio dopo la crisi legata al terremoto e alla pandemia: se l’obiettivo è condivisibile, molto meno lo è la strada scelta che finirà per compromettere il prezioso ecosistema dei Pantani rendendo l’area meno «appetibile» anche dal punto di vista turistico. Del resto, nell’ottica del «consumo zero» del territorio, la stessa legge della Regione sul governo del territorio del 1999 prevede, prima di fare nuove costruzioni, «di procedere al recupero delle strutture esistenti» che nell’area sono presenti e che si sarebbero potute recuperare in maniera molto più sostenibile. «Spiace che sia stato necessario rivolgersi al giudice amministrativo», osservano le associazioni: «E’ però importante ribadire come la valorizzazione di un territorio non possa coincidere con la compromissione dei valori naturalistici del territorio stesso, a maggior ragione se ci si trova al confine di due parchi nazionali e di un sito tutelato dalla Ue».