Politica

No al doppio turno, sì al doppio rinvio

No al doppio turno, sì al doppio rinvioMatteo Renzi – Aleandro Biagianti

Legge elettorale Il senato fa ammuina: bocciato l’ordine del giorno del Pd, che si spacca sul Mattarellum. Ed è subito pausa. Renzi avrebbe evitato la conta: ora teme di non trovare spazio per il suo sindaco d’Italia

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 13 novembre 2013

E’ il Pd che deve chiarirsi. Il Pdl punta evidentemente a conservare il Porcellum, con le solite sfumature tra lealisti e governisti che però spariscono ogni volta che Berlusconi riattira a sé Alfano (come ieri). Il Pd ha chiesto e avuto la conta sul doppio turno di coalizione, ben sapendo che non aveva in numeri – ha preso infatti 11 sì su 27 senatori in prima commissione, ai suoi ha aggiunto solo quelli di Scelta civica e Sel. Il tentativo era quello di scaricare sull’alleato-avversario la responsabilità di uno stallo che va avanti dall’inizio della legislatura (e da tre legislature). Il risultato è che d’ora in avanti sarà più difficile riproporre il doppio turno, cioè il sistema che il vincitore designato delle primarie Matteo Renzi preferisce.

Renzi è preoccupato. Teme che l’immobilismo del senato o il prossimo intervento della Corte costituzionale gli guastino i piani di vittoria, consegnandogli un turno elettorale ancora con il Porcellum o con un sistema proporzionale fatto apposta per replicare le larghe intese (sistema che lui chiama il «Porcellinum»). Ma il sindaco rimanda la presentazione del suo progetto di legge elettorale, anche se lo ha già descritto simile a quello in vigore per i sindaci: ieri ha detto che lo farà solo a ridosso delle primarie dell’8 dicembre. La sua proposta spaccherà irrimediabilmente le larghe intese e attirerà sul sindaco l’accusa di sabotare il governo. Questo è inevitabile, in più Renzi vuole sintonizzarsi sulle evoluzioni del senato, dove ieri avrebbe evitato la conta e dove adesso il capogruppo Zanda ha ottenuto un altro sostanzioso rinvio (una decina di giorni).

Bocciato l’ordine del giorno sul doppio turno di coalizione, infatti, sarebbe toccato a quello della Lega che propone un ritorno al Mattarellum (corretto dall’abolizione dello scorporo). Sulla carta il documento della Lega ha solo i due voti leghisti. Ma Scelta civica, Sel e l’autonomista convergeranno: con l’appoggio del Pd potrebbe passare. Si fosse votato ieri sera, il Pd avrebbe corso il rischio di spaccarsi. Meglio rinviare. E lavorare su possibili mediazioni con un Pdl che dovrà pur scegliere tra il minore dei mali: doppio turno o uninominale? Questo però a patto che il Pd riesca a chiarirsi al suo interno, superando l’ostruzionismo di chi tifa per un ritorno «obbligato» del proporzionale. Secondo il deputato renziano Giachetti – in sciopero della fame contro il Porcellum – è solo per questo che si è voluto far partire la discussione della legge elettorale dal senato, dove i numeri impongono alle larghe intese di camminare fianco a fianco. Magari per provare a costruirsi una legge elettorale che possa valere da comune assicurazione sul futuro.

Tutto questo mentre i senatori del Movimento 5 Stelle continuano a restare ai margini. È difficile che spenderanno i loro quattro voti in commissione per il Mattarellum. È vero che hanno sostenuto in solitudine alla camera una mozione di Giachetti che chiedeva proprio questo, ma l’hanno fatto un minuto dopo aver raggiunto la certezza che la mozione non sarebbe passata. Ieri i grillini hanno presentato la loro proposta di legge elettorale, un sistema proporzionale puro con collegi molto piccoli e soglia di sbarramento molto alta. La novità è il voto negativo in mano al cittadino elettore che potrebbe così aggiungere ma anche sottrarre preferenze ai candidati nelle liste.

Inutilmente caricato di attese, il pomeriggio di ieri in commissione al senato ha almeno il pregio di chiarire cosa nasconde la ricerca di un’intesa globale: il desiderio di non far niente. Il Pdl nella palude ci sta benissimo: per questo non ha presentato ordini del giorno e ammicca all’alleato. Il Pd un po’ meno bene, e si agita. Ma tutti aspettano, la Consulta (che potrebbe persino rifiutare di addentrarsi nel caos, non ammettendo il quesito) e l’iniziativa di Renzi. Aspetta anche il governo, l’uscita di Letta sul possibile decreto è stata solo uno sfogo. Altra cosa sarebbe un disegno di legge di palazzo Chigi, «dettato» dalla Corte costituzionale e accettato dalle larghe intese. Che però dopo le primarie del Pd non saranno più le stesse.

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