Il vaccino AstraZeneca d’ora in poi sarà destinato preferibilmente alle persone al di sopra dei 60 anni di età. È questa la scelta del governo, supportata dall’Agenzia Italiana del Farmaco e del Consiglio Superiore di Sanità. La decisione è arrivata nel corso della riunione dei ministri della salute dell’Unione Europea che ha seguito la diffusione del parere dell’Agenzia Europea del Farmaco (Ema).

IL GOVERNO ITALIANO, analogamente a quelli di Germania, Francia e Spagna, ha adottato un atteggiamento più cauto rispetto all’Ema. Gli esperti di Amsterdam, infatti, non avevano cambiato le raccomandazioni, ritenendo che i benefici rimangano superiori ai rischi alla luce delle segnalazioni più recenti sui casi di trombosi anomale post-vaccino.

La scelta di raccomandare il vaccino alle fasce più anziane in modo preferenziale e non tassativo non esclude che anche persone giovani possano ricevere il vaccino AstraZeneca. Per esempio, chi ha già ricevuto la prima dose del vaccino AstraZeneca, riceverà anche il richiamo dello stesso vaccino.

La scelta di fissare un limite è basata sul bilancio tra rischi e benefici. «Il numero di eventi trombotici è superiore all’atteso al di sotto dei 60 anni di età, e inferiore al di sopra» spiega Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità. Questi numeri vanno confrontati con il rischio del Covid: «Il tasso di letalità per Covid nella fascia 60-69 anni di età è del 3%, tra i 50 e i 59 precipita al 6 per mille», ha spiegato Locatelli. Dunque, nelle fasce più anziane e più esposte al Covid la bilancia pende nettamente a favore di AstraZeneca.

LE LINEE GUIDA per le somministrazioni risultano ora totalmente invertite rispetto all’avvio della campagna, quando il vaccino inglese era ritenuto preferibile solo al di sotto dei 55 anni di età. «Quella decisione si basava sui dati allora disponibili dalle sperimentazioni», spiega il direttore generale dell’Aifa Nicola Magrini. «Quelli provenienti dalle campagne vaccinali in Inghilterra e Scozia hanno poi mostrato l’efficacia del vaccino anche tra gli anziani». Nonostante il tentativo di coordinamento europeo, l’approccio dei vaccini rimane però diversificato: mentre Germania, Spagna e Italia opteranno per usare il vaccino al di sopra dei 60 anni, in Francia la soglia sarà scenderà a 55 anni.

In realtà, il parere dell’Ema non aveva individuato categorie a rischio per genere ed età, né cambiato le raccomandazioni. La valutazione dell’agenzia europea però è mutata rispetto a quella diffusa il 18 marzo. Il legame tra i rari casi di trombosi e il vaccino non è più un’ipotesi tra tante. «Il Comitato per la farmacovigilanza dell’Agenzia – sostiene una nota dell’Ema – ha stabilito che i coaguli anomali del sangue accompagnati da un basso livello di piastrine debbano essere elencati tra gli effetti avversi “molto rari” del Vaxzevria», nome commerciale del vaccino AstraZeneca.

GLI ESPERTI ORA ritengono che le trombosi siano «fortemente associate» alla vaccinazione, secondo le parole di Sabine Straus, presidentessa del Comitato.

L’Ema si allinea così all’ipotesi già avanzata dai medici tedeschi del Paul Ehrlich Institut: «Una possibile spiegazione per la formazione di coaguli associata a basso livello di piastrine è una risposta immunitaria che conduce a una condizione simile a quella talvolta osservata nei pazienti trattati con eparina». Ma questi casi rimangono molto rari, dell’ordine di «uno su centomila» secondo Straus, e come tali saranno ufficialmente elencati tra gli effetti collaterali del vaccino. Per un termine di paragone, il direttore del dipartimento di farmacovigilanza Peter Arlett ha citato i contraccettivi orali: «I contraccettivi causano 4 episodi di trombosi ogni 10 mila donne per anno», un tasso circa dieci volte superiore a quello osservato nei vaccini.

LA VALUTAZIONE EMA si è basata su 62 casi di “trombosi cerebrale del seno venoso” e 24 di “trombosi venose splancniche”, a carico cioè dell’addome, 18 dei quali mortali. Sono quelli riportati fino al 22 marzo 2021 principalmente dalla banca dati Eudravigilance, che raccoglie le segnalazioni provenienti dagli stati membri dell’Unione Europea più Norvegia, Islanda e Liechtenstein, e dall’agenzia del farmaco del Regno Unito. In totale, in questi paesi le persone vaccinate sono 25 milioni.

In realtà, alla data del 4 aprile, la banca dati europea riporta 169 casi di trombosi cerebrale e 53 di trombosi splancniche, oltre il doppio rispetto a quelle valutate nell’analisi. Tuttavia, come ha spiegato la direttrice dell’Agenzia Emer Cooke, «i dati più recenti non cambiano le raccomandazioni del comitato». Finora la maggior parte dei casi ha riguardato donne al di sotto dei sessant’anni di età. Tuttavia, secondo Cooke «età e genere non sono un fattore di rischio confermato».

«In molti paesi sono anche quelle che hanno ricevuto più dosi: le donne rappresentano oltre il 60% delle persone vaccinate» e questo potrebbe spiegare perché anche negli eventi avversi sono più rappresentate.