Il giro di vite europeo contro i social media, in particolare sulla questione dei copyrights (e il suo potenziale impatto sull’entertainment americano), era il soggetto di un lungo articolo dell’Hollywood Reporter uscito ieri. Per ora, in Usa, le iniziative per arginare lo strapotere di Silicon Valley sono molto più morbide di quelle intraprese dall’altra pare dell’oceano. Al punto che la multa di 5 miliardi di dollari, anticipata dalla Federal Trade Commission, a Mark Zuckerberg per violazione della privacy nel caso relativo a Cambridge Analytica, ha fatto salire invece di scendere il valore delle azioni di Facebook. Anche negli States, però, cominciano a nascere delle sacche di resistenza.

UNA DI QUESTE è partita dal Kansas. Si tratta di una ribellione sbocciata – come racconta il New York Times – non nelle camere legislative ma nelle cucine, nei salotti, nelle conversazioni tra studenti e con i genitori. È culminata, il gennaio scorso, quando un’intera classe ha abbandonato una scuola media di McPherson e, nella vicina Wellington, un gruppo di studenti di liceo ha organizzato un sit in. Altrettanto mobilitati i genitori, che hanno iniziato ad affollare le riunioni con presidi e insegnanti, minacciando di ritirare i figli da scuola o di trasferirli fuori dal sistema pubblico. Al centro della ribellione è un programma educativo per web, Summit Learning, concepito dagli ingegneri di Facebook e finanziato da Mark Zuckerberg e da sua moglie, Priscilla Chan. Promosso come un sistema di «apprendimento personalizzato» che utilizza risorse della rete per individualizzare il processo educativo, Summit seve essere sembrato un giubbotto di salvataggio a distretti scolastici impoveriti, scarsi di risorse e in cui gli studenti registrano indici di apprendimento molto bassi, come quelli di alcune cittadine del Kansas, in cui è stato adottato in via sperimentale (il sistema, varato quattro anni fa, è oggi in 380 scuole americane).

SECONDO l’assetto di Summit (gratuito per le scuole che lo adottano, mentre i computer sono acquistati a parte), gli studenti trascorrono la maggior parte della giornata sui loro portatili, impegnati individualmente in lezioni e test via web, che completano in modo autonomo e in tempi a loro discrezione. In questo assetto, gli insegnanti hanno un ruolo di monitoraggio e supervisione, non trainante (vengono infatti definiti «mentori» del programma). Ridotte al minimo, quando non addirittura scoraggiate, le interazioni tra studenti (vivida l’immagine di una ragazzina che ha chiesto l’uso delle cuffie antirumore del padre cacciatore per tagliare fuori i rumori e le voci del resto della classe). All’inizio genitori e studenti di Wellington e McPherson (due cittadine tra gli 8 e i 13mila abitanti) hanno accolto con entusiasmo l’arrivo della nuova piattaforma educativa che avrebbe proiettato la formazione e le prospettive dei giovani aldilà dei campi agricoli e delle fabbriche circostanti. Ben presto, però, l’educazione high tech e low cost predicata da Summit ha rivelato degli effetti collaterali preoccupanti: mal di testa, crampi alla mano, stati ansiosi, sindromi da stress, crisi di salute per studenti con difficoltà d’apprendimento; affiancati da preoccupazione per la privacy (Summit raccoglie molti dati personali..) e per l’uso ininterrotto delle rete. Alla fine del primo semestre 2018/2019, in segno di protesta contro Summit, alcune famiglie di Wellington e McPherson hanno iniziato a ritirare i figli dalle scuole pubbliche, in alcuni casi per iscriverli in istituzioni cattoliche – pur non appartenendo a quella denominazione religiosa. Entro fine anno potrebbero arrivare a 40 famiglie. Proteste contro l’adozione Summit sono scoppiate anche in una scuola di Brooklyn ; mentre a Indiana, in Pennsylvania il Consiglio scolastico ha eliminato la piattaforma quando è diventato chiaro che il 70 % degli studenti erano contrari; lo stesso è successo a Cheshire, in Connecticut.

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