Sull’home page di un importante quotidiano nazionale, per tutta la giornata di mercoledì, si riportava la notizia che i provvedimenti di Renzi sarebbero stati significativamente coperti in questo modo: riduzione di 1,5 miliardi (per 10 anni per un totale di 15 miliardi) della spesa militare, dimezzamento degli F35 (da 90 a 45), cessione di una portaerei. Altri giornali e agenzie riportavano anticipazioni simili. Alla Camera, deputati e esponenti del governo avvaloravano questa ipotesi. Qualcuno aveva persino parlato di una telefonata tra Renzi e Obama durante la quale il nostro presidente del consiglio avrebbe spiegato i motivi della riduzione dell’acquisto degli F35.

È evidente che queste notizie non sono state inventate e non sono il frutto di una «leggenda metropolitana»: se sono circolate il tema era evidentemente all’ordine del giorno. Più che una resistenza del Dipartimento di Stato americano, sembra che il vero ostacolo sia stato posto dai vertici delle forze armate, dalla ministra della Difesa e dal presidente della Repubblica. Non sembra certo casuale che nel momento in cui si discuteva di tagliare le spese militari per finanziare il taglio dell’Irpef, proprio nello stesso giorno, il presidente Napolitano convocava il Consiglio Supremo di Difesa (per il prossimo 19 marzo) con all’ordine del giorno, tra gli altri punti, la «criticità relative all’attuazione della legge 244 di riforma ed impatto sulla difesa del processo di revisione della spesa pubblica in corso».

La legge 244 (una legge delega approvata alla fine della scorsa legislatura con i decreti di attuazione da poco emessi) è la riforma dello strumento militare in cui, tra l’altro, si prevede un parziale controllo periodico del parlamento sulle scelte relative ai sistemi d’arma, anche gli F35. E tra l’altro la Commissione Difesa ha utilizzato il dispositivo della legge 244 per valutare l’efficacia e la validità di questo sistema d’arma: tra pochi giorni la Commissione concluderà i suoi lavoratori e ci farà sapere a quali conclusioni è giunta. Il messaggio della convocazione – allarmata – del Consiglio Supremo di Difesa è chiaro: uno stop a ogni ipotesi di riduzione delle spese militari (e a Renzi) e la richiesta di superare le «criticità della legge 244» che impone risparmi alle Forze Armate.

Quindi, i cacciabombardieri rimangono quelli – 90 – e sempre 14 miliardi dovremo spendere nei prossimi anni per acquistarli e produrli. In più, ieri il Parlamento ha votato la proroga delle missioni militari all’estero: 600 milioni di costi, altro che riduzione delle spese militari.

Come ha più volte ricordato la campagna Sbilanciamoci si potrebbero risparmiare – in modo permanente – ben 4 miliardi di euro riducendo le spese militari (tagliando gli stanziamenti per gli F35, per le fregate Fremm, per i sommergibili U-212 e riducendo gli organici delle Forze Armate) e si potrebbero incassare qualcosa come 15-16 miliardi mettendo una tassa degna di questo nome sui grandi patrimoni, portando la tassazione di tutte le rendite al 25% e introducendo una vera tobin tax che con una imposta dello 0,05 su tutti i prodotti finanziari, derivati e titoli di stato. Arriviamo a circa 20 miliardi con i quali finanziare – oltre che il taglio delle tasse sul lavoro – anche un vero piano del lavoro o misure di reddito di cittadinanza. Tutto questo avrebbe un significato sostanziale veramente importante: per la prima volta si taglierebbero in modo sostanziale le spese militari e non la sanità e le pensioni. Sarebbe stata la «svolta buona», ma sarà per un’altra volta.