Si poteva osare di più. Uno sciopero generale contro la «Buona Scuola» di Renzi-Giannini che piace a pochi. Certamente non ai sindacati Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals Confsal e Gilda Unams che dal 9 al 18 aprile hanno indetto uno «sciopero delle attività non obbligatorie» per tutto il personale docente e Ata nella scuola. Un provvedimento che mette in discussione la libertà di insegnamento dei docenti; crea la figura del preside-manager (variamente apostrofato come: padre-padrone, sceriffo, sindaco e «rettore» ieri dal ministro dell’Istruzione, l’ex rettrice Giannini) e gli affida il potere di valutare e chiamare i docenti neoassunti, conferendogli l’aumento dello stipendio. Un provvedimento voluto dal Partito Democratico che riattualizza l’aspirazione aziendaliste della riforma Berlinguer-Zecchino e incarna le velleità berlusconiane sulla «chiamata diretta» dei docenti.

La «Buona Scuola» è «autoritaria, anzi «incostituzionale» e, inoltre, disattende la storica sentenza della Corte di giustizia Ue sull’assunzione dei supplenti dopo 36 mesi di servizio. Senza contare l’esclusione dalle assunzioni del personale Ata, oltre alla conferma del blocco del contratto per tutti. Una «riforma», pardon «patto educativo», che discrimina tra docenti precari, assumendone 100.701 dalle graduatorie ad esaurimento (sacrosanto, ma non sono tutti) e obbligando coloro che hanno sbagliato l’anno dell’abilitazione frequentando a pagamento i Tfa o i Pas e non le vecchie Siss abolite nel 2009. E, infine, trasformerà una buona metà dei 100 mila neo-assunti a settembre 2015 in docenti «nomadi» o «tappabuchi» che rischiano di non insegnare le loro materie ma di svolgere altre attività. Assunti sì, ma per fare altro, in attesa di tornare a fare il proprio.

Per tre anni questi docenti assunti saranno ribattezzati “precari triennali”: ogni tre anni dovranno andare alla ricerca di un albo dove collocarsi. Resteranno in attesa della convocazione di un preside. Si dice in base al loro “merito”. Non è escluso in base ai clientelismi, all’arbitrio, alle ideologie del loro superiore.

Queste, in sintesi, sono alcune delle obiezioni fatte dai sindacati contro la «Buona Scuola» in questi mesi. Tanto radicali da meritare una risposta più decisa nei giorni in cui sono iniziate le audizioni sul Ddl in commissione cultura alla Camera (circa 80, fino al 9 aprile). Così non è stato. Non che uno sciopero generale possa essere ormai considerato l’Armageddon, ma certo sarebbe stato un segnale per le settimane agitate che aspettano il Ddl fino a fine maggio. «A giugno sarà legge» ha detto ieri il ministro Giannini confermando i tempi strettissimi imposti dal governo al parlamento.

Lo sciopero dalle attività non obbligatorie prevede, tra l’altro, per il personale Ata l’astensione attività aggiuntive oltre le 36 ore settimanali e dalle attività previste tra quelle rientranti nelle posizioni economiche e negli incarichi specifici, Per i docenti è stata annunciata l’astensione dalle attività aggiuntive di insegnamento oltre l’orario obbligatorio, retribuite con il fondo per il miglioramento dell’offerta formativa (Mof) e quella dai progetti e dagli incarichi di coordinatore retribuiti con lo stesso fondo. C’è anche lo sciopero dalle ore aggiuntive per i corsi di recupero.

I Cobas hanno annunciato il loro sciopero il 5,6 e 12 maggio. I «lavoratori autoconvocati della scuola» hanno convocato un’assemblea nazionale a Roma il 12 aprile. La «Buona Scuola» la ritengono «inemendabile» e chiedono l’assunzione dei 148 mila precari delle Gae , tutti quelli delle Graduatorie di istituto che hanno maturato i 36 mesi di servizio, cancellati dal governo Renzi insieme agli idonei del «concorsone» 2012. «Le assunzioni sono un diritto acquisito – spiegano – non è un favore che Renzi fa ai precari». Anche gli autoconvocati della scuola preferiscono la Legge di Iniziativa Popolare «per una buona scuola per la Repubblica» (Lip) al Ddl renziano. La proposta ha raccolto l’adesione degli studenti e di molti comitati di docenti in tutta Italia è stata abbinata in Commissione nella discussione alla «Buona scuola» governativa. I promotori della Lip assicurano il loro sostegno ai parlamentari favorevoli a questa proposta «nella dura battaglia che li attende»