Dialogo o guerra civile? La partita che si sta giocando in Venezuela tra il «socialismo umanista» di Nicolas Maduro e il campo di forze avverse è in pieno corso. La destra oltranzista che detiene l’egemonia nella Mesa de la unidad democratica (Mud) spinge per la seconda via. Alcuni settori di opposizione intavolano invece il confronto, chi per trovare soluzioni, chi per ottenere una tribuna utile allo scontro interno, chi per tenere i piedi ben saldi in entrambe le scarpe, come il presidente di Fedecamaras (la Confindustria locale), Jorge Roig.

L’imprenditore ha partecipato agli incontri promossi da Unasur – che ha concluso ieri la sua visita in Venezuela – con diversi settori di opposizione. Il documento dell’organismo regionale ringrazia il governo per aver facilitato «tutti i contatti richiesti», condanna «ogni tentativo di rompere l’ordine democratico» e la violenza, e riconosce «l’apertura e la disponibilità del presidente della Repubblica ad accogliere le raccomandazioni espresse». In particolare, «loda la volontà di nominare un testimone di buona fede che faciliti il dialogo fra tutte le parti». Si tratta di Pietro Parolin, segretario di Stato in Vaticano, che è stato Nunzio apostolico in Venezuela.

Un’iniziativa accolta con favore dalle componenti di opposizione che hanno governato nella IV Repubblica (Ad e Copei), ma respinta dai settori oltranzisti, che cercano a tutti i costi di far cadere il governo prima delle legislative del 2015: all’interno fomentando le violenze e all’esterno chiedendo sanzioni internazionali.

Con l’appoggio del Panama, che le ha delegato il diritto di parola, la deputata di opposizione, Maria Corina Machado ci ha provato con l’Organizzazione degli stati americani (Osa), ma senza esito. Roig ha tentato la stessa via a Ginevra, durante le giornate di dibattito che l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) sta dedicando alla crisi venezuelana. L’Oil ha patrocinato le Conferenza di pace tra governo, imprenditori e lavoratori, che si stanno tenendo in Venezuela e a cui Roig ha partecipato. «Fedecamaras non sta organizzando nessuno sciopero generale», ha dichiarato l’imprenditore durante una Conferenza.

Un atteggiamento diverso, dunque, da quello tenuto da Fedecamaras durante il colpo di stato contro Chavez nel 2002, che portò alla breve presidente di Pedro Carmona Estanga, presidente di Confindustria. Durante il suo golpe-lampo (sconfitto dal popolo venezuelano che riportò al governo il presidente che aveva eletto), Carmona sospese tutte le garanzie istituzionali, appoggiato dagli Stati uniti, dalle gerarchie ecclesiastiche e dall’oligarchia, che apposero la propria firma su un documento in suo appoggio. Tra queste, Machado, in prima fila nelle proteste violenze in corso dal 12 febbraio, che hanno provocato 36 morti.

Allora, la Confindustria aveva stretto un patto perverso con la Confederazione sindacale Ctv, da tempo finanziata dalle agenzie di Washington. E anche ora a Ginevra, la Ctv è tornata a chiedere sanzioni contro il Venezuela, spalleggiata da una componente scissionista del sindacato Unete, sconfessata dalla direzione del principale sindacato venezuelano. Altri rappresentanti sindacali, Elio Colmenares (Minpptrass) e Carlos Lopez (Cbst) hanno invece denunciato «le manovre dell’impero contro la rivoluzione bolivariana» e il doppio discorso di Roig.

Intanto, a Caracas, il fascicolo con le denunce a Machado, privata dell’immunità parlamentare e accusata di istigazione alle violenze e di attività sovversiva, è stato assegnato ai giudici che dovranno procedere nei prossimi giorni. La magistratura ha invece respinto l’appello degli avvocati di Leopoldo Lopez. Il leader di Voluntad popular resterà in carcere in attesa di processo con le accuse di associazione a delinquere e finalità di terrorismo. Sono in galera anche alcuni sindaci del suo partito, filmati mentre dirigevano le violenze di piazza.

All’arresto e sotto inchiesta per sospette brutalità e omicidio anche diversi funzionari di polizia: «Siamo uno stato di diritto, non guardiamo in faccia a nessuno», ha detto Maduro. Barricate e blocchi stradali si sono ridotte «del 70%», ma i gruppi oltranzisti continuano a bruciare biblioteche, centri medici e trasporti gratuiti, mostrando la natura di quel che è in gioco in Venezuela.