La fase parlamentare europea del percorso del piano di rilancio si è conclusa ieri, con un voto ampiamente favorevole degli europarlamentari per la Recovery and Resilience facility, che riguarda il regolamento, gli obiettivi, i finanziamenti e le regole del pilastro centrale del Next generation Eu, 672,5 miliardi: 582 sì, 40 no e 69 astensioni. Mentre nei grandi gruppi i dissensi rispetto alla maggioranza si contano sulle dita, il voto ha messo in luce il grande scarto tra i sovranisti: a causa del voltafaccia della Lega (che solo un mese fa, in commissione, si era opposta), gli europarlamentari di Identità e democrazia si sono divisi tra le tre possibilità. Il criterio, in questo gruppo, è la posizione di difesa dei supposti «interessi nazionali».

La Lega, a causa delle consultazioni di Mario Draghi, ha votato Sì (gli italiani sono i più numerosi, 29 seggi), mentre i tedeschi di Afd, sospettosi sui «trasferimenti» a favore dei paesi più in difficoltà e indebitati, hanno votato No, il Rassemblement national, per non sbilanciarsi, si è astenuto. Nell’altro gruppo sovranista, Ecr, la maggioranza si è astenuta (come Fratelli d’Italia), mentre olandesi e svedesi hanno votato contro.

Pochi dissensi negli altri gruppi, un No spagnolo nel Ppe e un’astensione francese, mentre gli ungheresi hanno approvato, in S&D due francesi si sono opposti, persino nel gruppo Renew c’è stato un No (un tedesco) e un’astensione (un danese), mentre i Verdi sono tutti a favore.

Gli europarlamentari eletti con i 5 Stelle hanno approvato. Nei dissensi, nel Ppe o in S&D, hanno pesato motivazioni nazionali, specialmente per i francesi (a giugno ci sono le elezioni regionali, tra poco più di un anno sono le presidenziali e tutto va bene per distinguersi da Macron).

«Una decisione storica» ha commentato il presidente dell’Europarlamento David Sassoli. «Ora la parola passa agli stati membri» ha sottolineato, «per far partire il Next generation Eu» e ha avvertito: «Ci attendiamo che i parlamenti nazionali accelerino la ratifica dell’aumento delle risorse proprie».

Finora solo sei l’hanno fatto (Croazia, Cipro, Slovenia, Portogallo, Bulgaria e Francia), gli altri voti nazionali sono attesi entro giugno. I piani nazionali devono arrivare alla Commissione, per essere approvati al Consiglio (a maggioranza qualificata). La Commissione è preoccupata per i tempi, che si allungano, e per eventuali ostacoli che possono sorgere nel percorso dell’approvazione. Nel mirino di Bruxelles ci sono dei piani che sono molto più attenti agli investimenti che alle riforme e «non hanno ancora trovato un buon equilibrio».

Ieri, la presidente Ursula von der Leyen ha ricordato che «sconfiggere il virus grazie ai vaccini è essenziale. Ma dobbiamo anche aiutare i cittadini, le imprese, le comunità a uscire dalla crisi economica. La Recovery and Resilience Facility porterà 672,5 miliardi proprio per questo e servirà a investimenti per rendere l’Europa più verde, più digitale, più resiliente».