Il governo Netanyahu si lamenta e annuncia ritorsioni contro le nuove direttive adottate il mese scorso dall’Unione europea che escludono qualsiasi forma di cooperazione finanziaria, accademica e bancaria con le colonie israeliane nei Territori palestinesi e arabi occupati e con le imprese, associazioni e istituzioni che collaborano con esse. Si lamenta ma non rinuncia ai piani di colonizzazione contestati dagli europei. Ieri una nuova rivelazione. L’amministrazione civile israeliana ha dato l’approvazione preliminare ai progetti per la costruzione di 878 case in insediamenti ebraici in Cisgiordania. Lo ha riferito il quotidiano Haaretz sottolineando che la mossa – in attesa del via libera definitivo del governo – potrebbe ulteriormente ridurre le possibilità di successo del fragile negoziato con l’Autorità nazionale palestinese che riprenderà a metà agosto.

E’ un impegno ideologico quello che portano avanti Netanyahu e molti dei suoi ministri. A qualsiasi prezzo. Il governo israeliano ieri ha deciso che non firmerà alcun futuro accordo che, in base alle nuove linee guida dell’Ue, restringa assistenza, donazioni e fondi a «entità israeliane» con «diretta o indiretta connessione» con Cisgiordania, Gerusalemme Est, Alture siriane del Golan. Più di tutto Netayahu chiarirà ai vertici europei che Israele non firmerà intese con l’obbligo di riconoscere che la sua sovranità non si estenda oltre i confini del ’67, ossia in quei territori palestinesi e arabi che ha occupato e dove ha insediato centinaia di migliaia di suoi cittadini in violazione delle leggi e delle risoluzioni internazionali.

Le nuove linee guida della Ue sono state pubblicate il 18 luglio ed avranno effetto dal prossimo 1 gennaio. Ad esse il 25 luglio il ministro della Difesa, Moshe Ya’alon, aveva reagito dando ordine all’Esercito e alla cosiddetta Amministrazione Civile (dei Territori Occupati) di bloccare ogni progetto di cooperazione con Bruxelles che si svolga nell’Area C della Cisgiordania (il 60% del territorio, sotto il controllo civile e militare israeliano). Restrizioni saranno applicate anche al personale europeo che entrerà in Israele per dirigersi a Gaza e in Cisgiordania: il Ministero ne vieterà l’ingresso al confine e non concederà loro permessi di lavoro. Una misura che conferma il controllo totale che Israele, 20 anni dopo la firma degli Accordi di Oslo con l’Olp di Yasser Arafat, mantiene sui territori palestinesi.

Netanyahu vuole il braccio di ferro con l’Ue ma non tutti sembrano decisi a seguirlo su una strada che rischia di portare il Paese a subire danni rilevanti, a causa dell’ultranazionalismo che domina la politica del governo in carica. Il 14 agosto, ad esempio, è previsto un incontro con l’Ue per discutere l’importante accordo di cooperazione scientifica “Horizon 2020” che, tra l’altro, prevede un investimento nei prossimi anni di circa 600 mila euro da parte europea in compagnie israeliane di high-tech. Fondi che Israele ora potrebbe perdere.