«La polizia militare ha sparato contro i nostri sostenitori che si dirigevano verso il palazzo presidenziale», ha rivelato al Manifesto Jihad El-Haddad, braccio destro del leader carismatico della Fratellanza Khairat Al-Shater. «La Guida suprema Mohammed Badie ci ha raggiunto e sta manifestando insieme a noi», ha proseguito. E alla domanda sulla decisione del nuovo presidente Adly Mansour di sciogliere la Camera alta (Shura), Jihad ha reagito con stizza. «Non riconosciamo Mansour, non è il nuovo presidente, sarà processato e Morsi tornerà alla presidenza. Non permetteremo una nuova dittatura militare che dà all’esercito la possibilità di arrestare il gruppo (Fratelli musulmani, ndr) per mettere a punto il suo golpe militare», ha aggiunto Jihad.

La notte del 29 giugno 2012, voci incontrollate dai Servizi segreti dicevano che i militari avrebbero arrestato la leadership dei Fratelli musulmani e dichiarato il candidato perdente Ahmed Shafiq nuovo presidente. In piazza c’erano milioni di islamisti a difendere l’elezione di Morsi. I militari hanno atteso un anno per mettere in atto questo piano ma alla fine lo hanno fatto, cancellando il risultato elettorale e dando il via al caos che ha avvolto il Cairo ieri. E così si fa ritorno ai venerdì delle rivendicazioni degli islamisti da una parte e dei laici dall’altra come nella transizione dopo le rivolte del 25 gennaio 2011. Decine di manifestazioni dei sostenitori dei Fratelli musulmani hanno avuto luogo nelle roccaforti del movimento da Alessandria a Luxor per il «venerdì del rifiuto».

Al Cairo chi è pronto a difendere Morsi con la sua vita si è dato appuntamento al palazzo presidenziale di Ittihadeya, alla moschea Rabaa El-Adaweya a Medinat Nasser, dall’Università di Giza alle porte del club degli ufficiali del palazzo della Guardia presidenziale, dove si dice Morsi sia detenuto. Altri sostenitori dell’ex presidente hanno marciato verso il ministero della Difesa dove si dice l’islamista si trovi in detenzione. I quattro morti, negati dall’esercito nel solito tentativo di scaricare le responsabilità sulla polizia militare come spesso avvenuto in passato, sono stati colpiti nell’assembramento di Heliopolis. Qui ha fatto la sua comparsa il leader della Fratellanza Badie che ha minacciato il papa copto Tawadros II, schieratosi due giorni fa a favore del piano di transizione tracciato dai militari. Badie ha invitato Tawadros a «non parlare a nome dei copti». «Non possiamo rinunciare a Morsi presidente se non col sacrificio della nostra vita», ha aggiunto il murshid. «Rimarremo in piazza fino al suo ritorno», ha gridato. Il procuratore del Cairo ha ordinato l’arresto ieri di Mahdi Akef, l’ex Guida suprema, che si trova ora nella prigione di Tora con le accuse di incitamento all’uccisione di manifestanti nelle manifestazioni che hanno portato alla destituzione di Morsi. Il mandato d’arresto è stato emesso dopo che un sospetto Mostafa Ahmed ha ammesso che a dare l’ordine di uccidere fosse stato Akef in persona per proteggere gli uffici della Fratellanza di Moqattam. Ieri a Luxor sono finiti nel sangue vari episodi di settarismo. Nel più cruento, scoppiato nei giorni scorsi per questioni familiari causando la morte di un cristiano, sono state date alle fiamme oltre 20 abitazioni di copti.

In seguito al colpo di stato militare, l’Unione africana ha sospeso l’Egitto dall’organizzazione. Mentre i salafiti radicali della jihad islamica hanno proposto un referendum sul deposto presidente Mohamed Morsi per superare la crisi politica in Egitto a due giorni dall’intervento delle forze armate. In un documento, le associazioni universitarie jamaat al-islamiya hanno fatto quadrato intorno a Morsi appellandosi alla riconciliazione tra tutte le forze politiche e respingendo le misure punitive contro «ogni fazione, a prescindere dalla sua affiliazione».

Dall’inizio degli scontri iniziati alla vigilia del primo anniversario dall’elezione di Morsi sono 52 i morti e oltre 2500 i feriti. L’ordine tarda a tornare e la violenza dilaga. L’intervento dell’esercito ha permesso in varie occasioni di evitare lo spargimento di sangue e riportare la calma nelle strade del Cairo. Questa volta però, i militari stanno intervenendo sul nervo scoperto del popolo egiziano l’islamismo politico dei Fratelli, uno dei pilastri del capitalismo di stato che nell’assenza di welfare ha delegato gli islamisti di occuparsi delle classi più disagiate. Neppure i movimenti dovrebbero accettare le imposizioni dei militari. Eppure lo fanno.