Nessun piano di rilancio. Solo agonia per i lavoratori». Questo il commento a caldo di Michele De Palma e Rocco Palombella, segretari rispettivamente di Fiom e Uilm, a margine dell’incontro sull’ex Ilva a Palazzo Chigi in cui, tra le parti sociali, erano presenti anche i rappresentanti di Fim Cisl, Usb e Ugl metalmeccanici.

Per l’esecutivo, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, i ministri Adolfo Urso, Marina Calderone, Raffaele Fitto e Gilberto Pichetto Fratin, oltre all’ad di Invitalia Bernardo Mattarella, i commissari di Acciaierie d’Italia in as, e il commissario di Ilva in as – società ancora proprietaria degli impianti – Alessandro Danovi.

Nonostante il confronto fosse atteso da tempo, e registrasse la presenza di tutte le parti interessate, ha visto totalmente disattese le richieste delle sigle poste al governo.

Dalle rassicurazioni sulla presenza dello stato all’interno dell’azienda a vendita effettuata – quantomeno in una prima fase di accompagnamento, per scongiurare nuovi casi ArcelorMittal – alle tutele occupazionali per i lavoratori. La proposta iniziale di cassa integrazione straordinaria per 5200 operai, infatti, si è abbassata di sole 500 unità.

La misura, secondo i sindacati tutti, rimarrebbe disastrosa, a maggior ragione in virtù degli invisibili in Cig di Ilva in as, «mai menzionati nell’ipotetico piano di ripartenza».

Alla luce delle notizie provenienti dal Mimit, poi – che fa riferimento a grossi investitori pronti a mettere le mani sugli impianti e a un bando di gara di vendita degli asset imminente – le parti sociali rimangono perplesse, «dati gli impianti fermi e in condizioni fatiscenti e una richiesta per 5mila lavoratori in Cig. Quale azienda potrà mai farsi carico di questo?».