Corse clandestine di cavalli, traffico di cuccioli, combattimenti tra animali, truffe nell’ippica, business dei canili, contrabbando di fauna e bracconaggio organizzato, macellazioni clandestine e abigeato, pesca di frodo e illegalità nel comparto ittico, uso di animali a scopo intimidatorio o per lo spaccio di droga, traffici via internet e zoocriminalità minorile: è lungo l’elenco delle pratiche di sfruttamento crudele degli animali, diventate perseguibili penalmente anche e soprattutto grazie alle battaglie di civiltà condotte da alcune associazioni animaliste.

PER TALI FATTISPECIE LA LAV (Lega Antivivisezione), 25 anni fa ha coniato un termine specifico: zoomafie, riferendosi anche alla nascita e allo sviluppo di una nuova forma di criminalità, parallela e legata a quella mafiosa. Zoomafie non tanto perché dietro i traffici che coinvolgono gli animali si trovi forzatamente la presenza della criminalità organizzata, ma piuttosto perché in tali condotte si ravvede la stessa visione violenta e prevaricatrice della vita di quella mafiosa.

DAL 1998 LA LAV HA ATTIVATO un Osservatorio Nazionale Zoomafie, il cui rapporto annuale raccoglie i dati relativi ai crimini contro gli animali che arrivano dalle Procure italiane, diventando un sistema di controllo informale del fenomeno e punto di riferimento per chi si occupa di studiarlo, divulgarlo, contrastarlo.

ARRIVATO ALLA VENTIDUESIMA EDIZIONE, l’ultimo rapporto ha interpellato tutte le 165 procure del paese: i dati ottenuti dal 76% di esse riportano un numero enorme di procedimenti: 7.708, più di 20 al giorno. Il reato più contestato è risultato quello di uccisione di animali, che con 2.785 procedimenti, ha superato per la prima volta quello di maltrattamento (2.245); la stragrande maggioranza (86%) delle denunce di uccisione però è rimasto a carico di ignoti.

DOPO UCCISIONE E MALTRATTAMENTO i reati più diffusi sono quelli venatori (13% dei procedimenti presi in esame), l’abbandono o la detenzione di animali incompatibile con la loro natura (960 procedimenti), l’uccisione di animali altrui, il traffico di cuccioli. L’organizzazione di combattimenti e competizioni non autorizzate, come i combattimenti clandestini fra cani, assieme a spettacoli e manifestazioni vietate, hanno un numero basso di procedimenti. Nello specifico dei combattimenti clandestini fra cani, se ci si limitasse al numero di denunce, sembrerebbe un fenomeno inesistente. In realtà è presente, diffuso e complesso. Difficilmente quantificabile, ma sicuramente un’attività importante se oltre all’indice giudiziario si tiene conto di altri fattori come segnalazioni, ritrovamento di cani feriti, l’aumento o andamento di siti e pagine specializzate nell’allenamento di determinati tipi di cani. Contrariamente a quanto si può pensare, non è un fenomeno relegato alle sole regioni del sud Italia.

PER QUANTO RIGUARDA LA GEOGRAFIA degli altri crimini che emerge dal rapporto zoomafie, la Procura di Brescia si conferma nuovamente quella con più procedimenti iscritti per reati contro gli animali: 384 con 278 indagati. È noto che la provincia di Brescia rappresenta l’hotspot del bracconaggio più importante d’Italia; quindi, il numero dei procedimenti per tali reati influisce notevolmente sulla media totale. La Procura con meno procedimenti per reati contro gli animali (2), invece, è quella di Savona.

PURTROPPO NUMERI BASSI NON SEMPRE corrispondono a meno crimini, semmai indicano un minor numero di denunce o di fatti accertati. E’ quanto il rapporto riscontra anche in relazione alla fase pandemica, mettendo in evidenza i punti di opportunità criminale offerti dall’emergenza: crescita di ansie e paure, scarsità di alcuni beni vitali, minore vigilanza sia da parte delle autorità preposte che dei liberi cittadini: le denunce sono diminuite del 3% rispetto alla fase pre-pandemica. Ma i reati non sono diminuiti, anzi: le corse clandestine dei cavalli, per esempio, si sono tenute regolarmente e spudoratamente proprio nel periodo del lockdown. Nel 2020 sono state denunciate 10 corse clandestine, di cui 3 bloccate, e 133 persone, di cui 58 arrestate (sono 48, invece, i cavalli sequestrati».

TALE PRATICA RAPPRESENTA IN MANIERA plateale il potere della criminalità che si appropria di pezzi di territorio. Non solo l’ippica clandestina, ma anche quella ufficiale è inquinata da infiltrazioni criminali. Vi pullulano allibratori, scommesse clandestine, gare truccate, furti di cavalli, intimidazioni. E poi il doping: secondo i dati ufficiali relativi all’elenco dei cavalli risultati positivi al controllo antidoping, nel 2020 69 cavalli che hanno partecipato a gare ufficiali sono risultati positivi a qualche sostanza vietata. Un altro strumento di controllo del territorio per la criminalità organizzata è il business dell’alimentare: per gli animali significa maltrattamento, macellazione clandestina, traffico illecito in condizioni agghiaccianti.

IL TRAFFICO INTERNAZIONALE DI ANIMALI e piante rare non accenna a diminuire. Falchi, pappagalli,tartarughe, testuggini, serpenti, ma anche zanne di elefante, pelli di felini protetti, di pitoni, di varano e di alligatori: questi alcuni dei sequestri effettuati in Italia, per un totale di 393 reati accertati. Insensibile al lockdown anche il bracconaggio, di terra e ittico, la pesca di frodo in particolare: fenomeno ancora poco conosciuto che avviene sia nei fiumi che in mare; secondo il rapporto annuale della Guardia Costiera, il pescato frutto di attività non dichiarata o illegale, oscilla tra 11 e 26 milioni di tonnellate di pesce ogni anno.

SCORRENDO I DATI RELATIVI a questi ed altri crimini, come il dettaglio delle varie operazioni condotte, si vede quanto ci sia ancora molto da fare, sia in termini culturali che giudiziari, per recuperare un’umanità e una cura che, come ci avrebbe dovuto insegnare la pandemia, se rivolta verso altre specie è rivolta anche verso noi stessi.