Fino al 19 luglio alla Scala sono in scena due luoghi dell’immaginario collettivo. Due pezzi pregiati, due atti unici, con i quali si cimentano gli allievi di tutte le specialità dell’Accademia Teatro alla Scala. Il primo pezzo richiama alla nostra memoria la rivalità leggendaria tra il vecchio accademico Antonio Salieri e il giovanissimo ribelle Wolfgang Amadeus Mozart, consacrata dal film Amadeus di Miloš Forman. Si tratta del «divertimento teatrale» Prima la musica e poi le parole di Salieri, commissionato dall’imperatore Giuseppe II d’Asburgo-Lorena per essere eseguito nel 1786 nel castello di Schönbrunn subito prima dell’atto unico Der Schauspieldirektor di Mozart, in modo da far competere l’opera italiana e il singspiel tedesco.

IL LIBRETTO è dell’arcadico Giovanni Battista Casti, che, in tema di rivalità, si vide scippare dal libertino Lorenzo da Ponte la posizione di successore di Pietro Metastasio nella carica di poeta cesareo. La regia è affidata a Grischa Asagaroff, collaboratore storico di Jean-Pierre Ponnelle, del quale proprio alla Scala ha ripreso un celebre allestimento de La Cenerentola di Rossini: la leggerezza giocosa della regia e l’essenzialità di scene e costumi (di Luigi Perego), che ben si attagliano a un testo senza grandissime pretese se non quella di mostrare la frivolezza della gente di teatro e i suoi (mal)costumi, mantengono traccia della lezione del maestro.

IL SECONDO pezzo, Gianni Schicchi di Giacomo Puccini, su libretto di Giovacchino Forzano, fu rappresentato per la prima volta nel 1918 al Metropolitan di New York. La storia è ispirata a un episodio dell’Inferno di Dante, che il grande Woody Allen, riproponendo un allestimento realizzato undici anni fa per la Los Angeles Opera e ripreso al Festival dei due mondi di Spoleto, nella sua unica incursione nella regia operistica, rilegge attraverso il filtro del cinema italiano del secondo dopoguerra, tra neorealismo e commedia, di cui le scene e i costumi del fido Santo Loquasto, con l’ausilio delle luci di York Kennedy, riproducono un pastosissimo b/n. Gustoso e inequivocabile il sigillo dello spaghetto di Miseria e nobiltà spiaccicato tra le pagine del testamento del defunto Buoso Donati, che mette l’astuto Schicchi accanto al guittesco Totò, maschera di ogni italico vizio o virtù. Ambrogio Maestri nel ruolo eponimo dà fondo a tutte le sue capacità istrioniche, sia nel fraseggio che nella presenza scenica. Efficaci anche i giovani: menzione speciale alla coppia di amorosi Francesca Manzo (Lauretta) e Rinuccio (Chuan Wang), i ruoli cui del resto Puccini dà più spazio espressivo. Bravi anche Daria Cherniy, Hun Kim, Marika Spadafino, Lasha Sesitashvili, Eugenio Di Lieto, Giorgi Lomiseli, Caterina Piva, Ramiro Maturana, Jorge Martinez, Hwan An, Maharram Huseynov. Sul podio Ádám Fischer trova la cifra giusta per entrambe le opere, dando il giusto rilievo sia all’ironia asciutta di Salieri che alla comicità a tratti grassa e stridente di Puccini.