Pianista, compositore e produttore, Dario Faini, alias Dardust, è diventato improvvisamente famoso lo scorso anno grazie al successo di Soldi di Mahmood ma la sua molteplice attività musicale gli ha permesso di coltivare uno spazio assolutamente personale e inedito, specialmente nel panorama musicale italiano. Dardust infatti è in procinto di pubblicare, il 17 gennaio, il suo terzo album «solista», l’ultimo capitolo di una trilogia avviata nel 2015 con 7, esordio scritto a Berlino, e proseguita nel 2016 con Birth, ispirato all’Islanda. S.A.D. STORM AND DRUGS, composto principalmente a Londra, fin dal titolo si richiama al movimento letterario e artistico tedesco sposandosi bene con questo progetto di musica strumentale in grado di unire il mondo pianistico minimalista all’attuale panorama elettronico di matrice Nord Europea.

LUOGHI geografici carichi di Storia e atmosfera che per Dardust diventano parte integrante della fase di composizione. «Ho sempre beneficiato di una sorta di collisione tra come ho sempre immaginato certi luoghi e le suggestioni che la musica di quei posti mi regalava», racconta il compositore «Nel caso dell’Islanda ad esempio è stato un incontro tra la fantasia e la realtà. Specialmente se si trattava di osservare il paesaggio, estatico e spaventoso al tempo stesso e senza dimenticare la luce e il clima. La scintilla di questo album invece è nata a Londra durante una tempesta di neve».

MA DI CONTRASTI e (apparenti) incongruenze si nutre anche la duplice attività di Dario Faini, sempre in bilico fra la musica più ricercata e la sua attività di compositore e produttore per una serie quasi infinita di artisti italiani «È un equilibrio che ho conquistato con la maturità, un bilanciamento oggi più che mai solido» prosegue Dardust «È sempre stato rischioso tenere insieme la mia inclinazione al ’romanticism’ con i beat più pop e commerciali. Solitamente il mio genere, definito neoclassico, è considerato ’musica di sottofondo’, una sorta di ascolto passivo ma, fin dalla copertina dove ho il pugno alzato, ho voluto sfondare una sorta di muro di ’passività’». L’album, che si compone di 9 brani, «rifiuta» anche la parola, affidandosi, con coraggio, puramente alle suggestioni melodiche «Ho studiato a lungo la forma-canzone, la melodia e sono arrivato alla conclusione che la parola contamina la musica. Credo che la mia musica contenga già una mappa narrativa nelle note, una sorta di sceneggiatura che non ha bisogno di dialoghi».