Una mostra al Valle per conto del Teatro di Roma offre l’occasione al pubblico italiano di conoscere meglio uno dei più grandi drammaturghi europei del secondo novecento, Bernard-Marie Koltès (fino al 30 gennaio, giovedì venerdì e sabato h 17-20, domenica h11-18). La mostra è curata dal fratello dell’artista, François Koltès, che con lui collaborò agli allestimenti giovanili dei suoi primi testi, considerando del resto che lo scrittore è morto giovanissimo, a 41 anni (1948-1989). Ma nella sua breve vita è riuscito a produrre un patrimonio teatrale che resta fondamentale nel 900 europeo.

NATO a Metz, nel nordovest della Francia, da famiglia borghese, «sublimò» fin da giovanissimo nella lettura e nella scrittura il proprio disagio, sulla spinta del ’68 e dei grandi viaggi. Fu iscritto al Pcf, anche se la rigidità dei comunisti francesi non gli era facile da accettare. Amava raccontare di aver subito la fascinazione, e l’attrazione, per il teatro nell’assistere ad una interpretazione di Maria Casarès. Da quella vibrante scoperta, è cominciato un suo percorso, che lo ha portato a sperimentare modelli diversi di scrittura (e nei primi tempi anche di pratica teatrale), affinando e rendendo sempre più essenziale il suo stile.
Con quella fiamma espressiva, si presentò al debutto nella sezione off del festival d’Avignone, per arrivare in breve, mentre il suo lavoro cominciava a essere conosciuto nell’ambiente, all’incontro con il genio registico di Patrice Chereau, giovane anche lui ma già famoso e riconosciuto dopo esser stato allievo di Strehler a Milano, che si innamorò del suo teatro, della sua essenzialità e della consapevolezza umana che portava in dote. Tanto che ne ha messo in scena quasi tutti i testi nel grande spazio che dirigeva a Nanterre, imponendolo all’attenzione di tutta Europa.

È STATO Koltès un autore dalla scrittura stringata e spesso ellittica, ma capace di trasudare emozioni anche violente, o commozioni feroci. Che nascevano dai generi più diversi, fosse un dialogo criptico, quasi misterico sull’eros e il potere, o una sorta di contemporaneo «vaudeville» per raccontare la ricaduta tragica del colonialismo francese in Algeria. E quei suoi titoli hanno davvero lasciato un segno, da Negro contro cani ai fondamentali La notte poco prima delle foreste, Nella solitudine dei campi di cotone, Il ritorno al deserto e lo sconvolgente, terminale Roberto Zucco (affidato a Peter Stein, dopo la sua rottura con Chereau). Una terribile malattia ha posto presto fine alla sua creatività.
La mostra al Valle (grandi foto e didascalie, e anche un suo film giovanile, La nuit perdue del 1973) arriva con la nuova pubblicazione integrale delle opere di Koltès, in tre volumi (Arcadiateatro Libri, 22 euro a volume). I titoli più importanti erano già usciti a loro tempo dalla Ubulibri di Franco Quadri. Il fratello François da sempre non ne era soddisfatto, e ne ha commissionato nuove traduzioni distribuite nei tre volumi, dentro sostanziosi percorsi di lettura.