Ci sono decenni in cui non accade niente e settimane in cui accadono decenni. La massima di un giovanissimo Lenin, meglio di ogni ulteriore speculazione, documenta il tempo che stiamo vivendo. Lo Stato, come luogo pubblico non subalterno al privato, è al centro di un tiro incrociato.
La pandemia, che pure sembrava mettere al centro l’idea di pubblico come unica salvezza, sta dando la stura agli istinti speculativi e reazionari che decenni di individualismo parassitario hanno contribuito a diffondere in tutte le fibre sociali del Paese.

La sanità pubblica e universalistica sta combattendo una battaglia campale, ma senza una strategia politica e senza una base sociale che la rivendichi come valore estremo. Il governo annaspa inseguendo un virus che corre a velocità siderale. La sinistra ondeggia fra l’istinto solidarista e la tentazione efficentista.

In queste ore che stanno ridisegnando il mondo, dobbiamo ritrovare la forza di un’identità sociale altra rispetto alla dinamica del mercato. É il tempo di una sinistra forte. E vanno quindi sostenuti quegli scienziati, come Andrea Crisanti o Massimo Galli, che chiedono piena autonomia e sovranità nell’uso dei dati per contrastare la marcia del contagio.

Senza quei dati che Google e Facebook hanno messo in vendita, diventa davvero difficile circoscrivere il virus. Dobbiamo usare questo mese di similockdown per potenziare la capacità della sanità di prevedere l’incubazione del Covid19 e non di inseguirlo. Ci vogliono i dati sociali, necessari per fermare il contagio, dati confiscati da pochi gruppi privati che tendono ormai a sostituirsi ad ogni potere democratico.

I monopoli delle piattaforme ormai tendono a sostituirsi al potere politico, sfruttando e piegando il nuovo tratto distintivo della nostra epoca, la potenza di calcolo, che tutto regge e tutto regola. É così che la sinistra, attraversando il terreno lastricato di dolore della pandemia, può rientrare nel nuovo tempo, imparando dalla realtà: analisi concreta della realtà concreta. Una sinistra che possa tradurre in digitale i suoi tradizionali linguaggi di solidarietà, di democrazia e di riorganizzazione degli assetti produttivi e sociali.

Esattamente come nel cuore della crisi degli anni ’30 il movimento del lavoro interloquì con tutti i mondi della cultura per ridisegnare un modo in rovina, oggi bisogna rimettere in piedi questa capacità di parlare a tutte le persone a partire dalla loro sicurezza e salute, in un mondo in cui solo con i dati digitali si può anticipare e predire la velocità del contagio.

Una sinistra che parta proprio dalla sanità, dall’articolo 32 della Costituzione, che fa obbligo allo Stato di assicurare ad ogni cittadino e garantire ad ogni comunità non solo la sicurezza ma la piena consapevolezza sulle misure diagnostiche e terapeutiche.

Una consapevolezza che non può prescindere oggi dal controllo esplicito e cosciente di quel flusso di dati sensibili che rappresenta la base della nuova produzione di valore e di autonomia sociale e di sovranità statuale. É indispensabile che Immuni, l’applicazione di tracciamento, sia collegata alla tessera sanitaria e sia parte integrante della documentazione di ogni cittadino. L’applicazione deve potersi agganciare al GPS in modo di monitorare i nostri movimenti. La pandemia ci ha insegnato ormai che senza un controllo esplicito dei dati, il contagio diventa inarrestabile e si muore.

Nessun pretestuoso e strumentale richiamo ad una privacy ridotta ad un guscio vuoto – – un privatismo senza più privato- quotidianamente violata e sbeffeggiata dai grandi poteri tecnologici globali, può giustificare che la sanità pubblica non possa essere partner di ogni cittadino nella tutela della salute, sicurezza e socialità.

Il fallimento di Immuni, deriva da inefficienza perché nata subalterna ai grandi domini della telefonia mobile. E ci mostra una sola via per una democrazia reale, attuale, moderna, che attivi ogni risorsa e infrastruttura digitale per sostenere una concreta ed efficacie territorializzazione dell’assistenza e del contrasto al contagio nella fase dell’incubazione: la via della sicurezza e della obbligatorietà.

Si annunciano nei prossimi mesi l’avvento di soluzioni, come il 5G e la rete a banda larga, che renderà inevitabile la circolazione veloce di pacchetti di dati corposi e rilevanti, come le stesse cartelle cliniche: dobbiamo convertire il titubante progetto di Fascicolo Sanitario Elettronico in una straordinaria ed autonoma Infrastruttura, pietra angolare di un welfare pubblico competitivo ed efficiente che trascini la modernizzazione del paese.

Che dimostri come Pubblico non equivalga a Burocrazia. Il ministero della Salute deve diventare il fulcro e la cabina di regia di questo nuovo welfare del calcolo, per guidare efficacemente l’intero processo di contrasto alla pandemia, e per programmare le politiche altrettanto necessarie alla tutela della salute pubblica.

Accanto a medici ed infermieri, è indispensabile oggi un Supercomputer al ministero della Salute per rispondere all’emergenza con una strategia che veda lo veda completare la interoperabilità di tutti i dati della sanità. L’universo pubblico dispone di straordinarie capacità di calcolo, come le infrastrutture di Eni, Leonardo e Inpes, dimostrano. Essere Stato oggi significa congiungere e finalizzare tutti questi assets alla nostra sicurezza e salute. Oggi e non domani.