Qual è la differenza tra «dark web e «deep web»? Quanto sono al sicuro le democrazie? È possibile hackerare un’automobile altrui e prenderne il controllo? Sono gli interrogativi che ci mette di fronte ogni giorno l’habitat interconnesso in cui siamo immersi, il «cybermondo». Il governo dei dati oggi determina il potere politico e quello economico, in una guerra globale che coinvolge governi, grandi imprese e individui. Per addentrarsi in questo intricato universo, è utile munirsi della guida appena pubblicata dalla casa editrice DeA Planeta, I segreti del cybermondo (pp. 160, euro 16) di Jordan Foresi e Jack Caravelli. Caravelli è un esperto di geopolitica, terrorismo e cybersicurezza. Si muove tra Washington, Londra e Ginevra, dopo aver lavorato negli apparati di sicurezza Usa sotto la presidenza Clinton, e poi al dipartimento dell’energia e nella cooperazione internazionale negli anni successivi. Foresi, a cui abbiamo rivolto alcune domande, è un giornalista di SkyTg24, a lungo inviato negli Usa durante la presidenza di Barak Obama, è stato uno dei pochi giornalisti a raccontare da dentro la base di Guantanamo, che di quell’amministrazione ha rappresentato il vero «lato oscuro».

Anche Internet ha rappresentato una grande utopia democratica, dove tutti potevano parlare con tutti e far circolare le informazioni liberamente. Secondo lei si è trattato di un’altra illusione?
Dovrebbe e potrebbe tornare a esserlo con i giusti accorgimenti. Noi non siamo contro Internet. Anzi, la nostra premessa è in difesa di questo magnifico strumento. Sarebbe sbagliato parlare di un «prima» e un «dopo»: Internet ancora oggi è l’arena per il libero scambio di idee, informazioni e dati. Noi sosteniamo che Internet non debba essere «banalizzata» perché è una medaglia a due lati, uno chiaro e l’altro oscuro e che bisogna conoscerli entrambi per capire come muoversi nel cybermondo oggi.

Nel sistema finanziario il trading automatizzato crea spesso crolli improvvisi e inspiegabili. C’è il rischio che infrastrutture strategiche vengano messe fuori uso da intelligenze artificiali fuori dal nostro controllo?
Il rischio esiste. L’evoluzione, in certi casi quasi senza freni dell’Intelligenza Artificiale, può essere positiva ma al tempo stesso comporta anche dei pericoli perché lasciare tutto in mano ai robot e a tutta una serie di algoritmi, omettendo una valutazione razionale che solo l’elemento umano ci può dare, può creare uno squilibrio e potenziali conseguenze molto evidenti. Alla fine, i numeri e le formule devono comunque essere «pesate» dall’uomo. A mio avviso, il tocco umano, anche con tutti i suoi limiti, può essere ancora decisivo con i suoi valori etici.

Le infrastrutture materiali italiane sono a rischio crollo quotidiano, come mostrano ponti, palazzi e alberi. Le infrastrutture digitali sono più al sicuro?
Molti osservatori lo dicono quotidianamente: l’Italia è ben lontana dall’avere una sicurezza digitale all’altezza dei rischi reali. Anche recentemente sistemi governativi sono stati sotto attacco hacker e noi conosciamo solo una minima parte di questi attacchi. Infrastrutture digitali sono esattamente come quelle fisiche. Hanno bisogno di attenzione, manutenzione, upgrading, controllo costante. Ed esattamente come quelle fisiche possono essere danneggiate o colpite o anche stravolte. Le infrastrutture digitali non possono essere viste come una sorta di entità astratta o statica. Dobbiamo dare al mondo digitale le necessarie attenzioni perché tutto è collegato ai nostri dati, che a loro volta devono essere protetti perché, come ama spesso dire Caravelli, «i dati hanno un valore».