Altri tre mesi di amministrazione straordinaria per la Abramo Customer Care, l’azienda di call center calabrese, già commissariata dall’estate 2022 e che conta tutt’ora più di mille dipendenti, dei quali però solo 229 saranno reimpiegati. La newco di destinazione, creatasi dopo la vendita di un ramo dell’azienda il cui unico committente rimasto in capo è Tim, è partecipata per il 30% dalla Enosi Holding e per il restante 70% dalla Steel Telecom.

Al tavolo di confronto, che secondo una nota proveniente dal Mimit «ha avuto l’obiettivo di monitorare lo stato di avanzamento della situazione di crisi lavorativa», partecipavano, oltre al titolare del dicastero ospitante, la ministra del Lavoro Maria Elvira Calderone, i commissari straordinari dell’azienda, il presidente della regione Calabria Roberto Occhiuto, il sindaco di Crotone Vincenzo Voce, i rappresentanti del gruppo Tim e le segreterie confederali di Cisl, Fistel Cisl, Cgil, Slc Cgil, Uilcom e Ugl Telecomunicazioni.

Al termine dell’incontro al ministero di lunedì, il segretario generale della Slc Cgil Riccardo Saccone, si è detto parzialmente soddisfatto sulla proroga dell’amministrazione straordinaria dell’azienda, sottolineando come, di certo rappresenti una boccata d’ossigeno, «ma poi cosa succederà?». Il sindacalista ha denunciato, ancora una volta, Tim (unico committente fra i tanti che costituivano il portafoglio clienti della Abramo Cc), che di fatto, «ha confermato di non voler applicare la clausola sociale: è questo il peccato originale. Bisogna costruire una strada occupazionale alternativa per queste lavoratrici e lavoratori e fare in modo che venga riconosciuto il contratto di riferimento, in maniera tale che il dumping contrattuale che sta distruggendo l’intero settore possa essere depotenziato».

Secondo il segretario generale di Uilcom Salvo Ugliarolo, invece, «puntualmente, gli impegni assunti dall’esecutivo nel settore delle telecomunicazioni sono stati disattesi. Mettendo in conto l’ulteriore proroga, ancora una volta sentiamo parlare di progetti senza entrare nel merito di nulla, nel frattempo i problemi restano per tutti i lavoratori e le lavoratrici coinvolti. Basterebbe far rispettare una legge dello stato e invitare Tim a trovare un nuovo fornitore a cui assegnare l’attività ed applicare la clausola sociale».

Ciò che emerge, in attesa di un tavolo governativo e provvedimenti a livello complessivo nel settore, è che difronte a grossi fondi di investimento e compagnie delle telecomunicazioni propense all’ottimizzazione del personale, al tema della digitalizzazione del ramo, che inevitabilmente non potrà più contare sui volumi del passato, si affianca quello di una ri-professionalizzazione dei lavoratori: investimento che questi ultimi non possono pagare di tasca propria.