Certo, bisogna dire che molto spesso le inchieste del commissario Soneri – il poliziotto della questura di Parma nato dalla penna di Valerio Varesi – esulano da quello che viene comunemente ritenuto il canone classico del romanzo poliziesco. Nel caso di quest’ultimo romanzo, ad esempio, intitolato Gli invisibili (Mondadori, pp. 362, euro 16) il commissario si trova ad essere investito di un semplice ma inconsueto incarico: sono passati tre anni da quando è stato ripescato nel Po il cadavere di un uomo, non si sa se si tratti di suicidio oppure di omicidio, non si conosce neanche il nome del morto. Si tratta, allora, di svolgere un breve supplemento di indagine per chiudere definitivamente il caso, una pura formalità per togliere la salma dalla cella frigorifera e seppellirla. Certo senza nome, con una semplice sigla: «S89».

QUELLO CHE FORSE È NATO come un piccolo dispetto di un funzionario nei confronti del commissario, si trasforma per Soneri in una vera e propria sfida, non una formalità da chiudere al più presto ma un’indagine vera e propria, innanzi tutto per dare un nome a quell’uomo. Perché «tutti devono avere un nome». «È una questione di dignità», come afferma Soneri stesso. E l’inchiesta prende l’avvio, con il commissario che arriverà ad utilizzare le ferie non godute per poterla portare avanti. E si troverà a confrontarsi con il «dio-fiume», con il grande Po che esercita su di lui, terricolo e montanaro, un impasto di attrazione e paura, di rispetto, distanza e amore.
Aiutato innanzi tutto dalla sua compagna, Angela, splendida figura femminile di avvocato, si troverà a confrontarsi con tutto quel mondo, formato da piccole comunità e strani personaggi – quasi sempre invisibili ai più – che gravitano attorno al grande fiume. Entreranno in gioco potenti locali e camorristi, marinai letteralmente di acqua dolce e case galleggianti. Sarà necessario considerare anche un delitto antichissimo commesso su di un uomo di Neanderthal o ascoltare con attenzione quello che dice il matto della zona per poter alla fine risolvere un caso che sembra complicarsi sempre di più, man mano che la storia va avanti. Muovendosi sempre tra passato e presente, tra rancori, invidie e meschinerie, ma anche tra piccole oasi di felicità e di amore, di dignità e amicizia.
Il tutto narrato con una scrittura capace di far emergere l’atmosfera della storia e dei luoghi, i momenti di pace e quelli di angoscia, a volte ovattata come la nebbia e sinuosa come le anse del fiume, altre volte terribile e incalzante come la piena. Una scrittura colta e raffinata in grado di far emergere l’anima delle persone e dei luoghi.
Così Valerio Varesi ancora una volta riesce a mostrare e indagare le caratteristiche più profonde e le mutazioni intervenute nella società contemporanea, portando al contempo alla ribalta quel popolo di invisibili a cui fa riferimento il titolo. Un titolo che curiosamente richiama un altro libro intitolato allo stesso modo ovvero Gli invisibili di Nanni Balestrini, splendido romanzo dedicato al movimento del ’77. E se gli invisibili di allora erano estremamente combattivi, Varesi sembra suggerire che lo sono anche quelli attuali. Anzi lo fa affermare a quello che forse è il più invisibile di tutti, Ragu, che dice: «Sono uno degli invisibili. Ma gli invisibili ricompaiono. E incazzati, pure».

DEL RESTO lo stesso autore nella presentazione del romanzo sul sito della casa editrice assume una chiara posizione: «E invisibile non è solo chi scompare in un fiume, nel mare o in qualsiasi altro posto finendo alla stregua di un detrito, bensì pure molti viventi che svolgono ruoli umili ma importanti nel mondo e si trascinano in una reiterata fatica vivendo nel loro piccolo mondo di stenti senza mai essere lambiti da un cono di luce. Individui ridotti a un ruolo, reificati, che ambiscono a uscire dai margini senza tuttavia aver speranza di emanciparsi. E che un giorno si ribelleranno, forse usando la loro unica forza che sta nel numero».