«Per tutta la vita ho sentito qualcosa, che mi rendeva diverso… Lo so che non dovrei amare la musica, ma non è colpa mia! La musica è nelle mie vene!». Chi più diverso di un testardo moccioso latino che vuole seguire le sue inclinazioni, osteggiato dai parenti. L’ultimo lungometraggio Disney/Pixar, Coco, è una celebrazione della cultura messicana, uno sfavillante cartone con una grandiosa cura dei dettagli e brani musicali che s’intersecano con la vicenda narrata.

 

 

 
Protagonista è Miguel, un ragazzino di undici anni con la passione della musica, un passatempo proibito nella sua famiglia, dedita da generazioni alla produzione artigianale di scarpe. Farcito di sonorità mariachi con ampio ricorso agli strumenti tradizionali (e una dolce versione del classico La llorona) e di folklore locale, il film segue Miguel nella sua abituale routine dove sogna di impadronirsi della chitarra magica, una sei corde bianca del suo idolo, Ernesto de la Cruz (ispirato al leggendario Pedro Infante, José Pedro Infante Cruz il suo nome autentico, attore e cantante messicano dal baffetto sottile, protagonista di 60 film e autore di oltre 350 canzoni, la più nota Angelitos Negros del 1948 -interpretata poi in italiano da Fausto Leali-, nato nel 1917 e morto in un incidente dell’aereo che pilotava nel 1957). La strepitosa colonna sonora invece è a cura di Michael Giacchino, vincitore di un Oscar per le musiche di Up, con la consulenza di Camilo Lara, del Mexican Institute of Sound, e fornisce ritmo e armonia alla complicata baraonda familiare, dominata dalla irascibile bisnonna di Coco.

 
Uscito nelle sale statunitensi da un mese e subito schizzato in testa al box office (71 milioni di dollari nel primo weekend Usa e già oltre 500 col resto del mondo) con due nomination ai Golden Globes, miglior film d’animazione e miglior canzone originale, Remember me, scritta dal duo marito-moglie, Robert Lopez e Kristen Anderson-Lopez, (premiati con l’Oscar per Let it go di Frozen), che riassume il senso della vicenda, il legame con gli antenati che ci hanno preceduto, coi familiari anche sconosciuti. Dirigono Lee Unkrich (Toy Story 3) e Adrian Molina (Monsters University), di origini messicane, con una lavorazione tormentata (l’intoppo maggiore, un tentativo da parte della Disney di registrare il marchio «Dìa de los muertos», per il merchandising poi rientrato di fronte a un mare di proteste) il film è stato (inevitabilmente) accostato a Il Libro della vita, di Jorge R.Gutierrez, del 2014, altro cartone con un ragazzo, Manolo, che festeggia il Dia de los Muertos .

 

 
Miguel scopre che il divieto di suonare è nato con la bis-bis-nonna di Miguel, Imelda, che ha proclamato la musica morta per la famiglia dopo che il marito l’aveva lasciata per inseguire le sue ambizioni musicali. Alla ricerca di Ernesto de la Cruz (guardando anche le videocassette delle sue esibizioni), Miguel intraprende un viaggio che lo porta nella Terra dei Morti, dove incontra le anime dei membri defunti della sua famiglia, tutti teschi e scheletri, anche se con cappellini, gioielli, abiti e rossetto (molto simili ai disegni del caricaturista Juan Guadalupe Posada, attivo a inizio ‘900).

 

 

 

 
In una vicenda divertente e folle, tra orchestrine di strada e un mostruoso Talent Show, Miguel si destreggia con l’aiuto di due emarginati, il cane Dante (di razza tipica messicana Xoloitzcuintle, senza peli, artefice di una catastrofica battaglia con l’osso intelligente di uno scheletro, forse la scena più divertente in assoluto) e l’imbroglione Hector (con poco lusinghieri trascorsi con la giustizia). La strabiliante animazione al computer raggiunge vette di bravura, dalla piscina a forma di chitarra agli altarini affollati di oggetti devozionali.

 

 
Più comica che paurosa anche per una serie di irresistibili gag, la terra dell’aldilà è una stazione di pop culture, lo sgargiante susseguirsi di fantasmagoriche torri verticali, tram volanti e colorati cimiteri ricchi di lumi e candele, con citazioni di Frida Kahlo e degli immancabili alebrijes (addobbi in carta colorata di animali fantastici). A terra ci sono i petali della calendula azteca, fiore giallo di particolare rilevanza proprio nel Giorno dei Morti. Secondo la tradizione, la calendula guida gli spiriti verso casa, riconducendoli dai propri cari che quel giorno si riuniscono a pregare insieme, mangiare i cibi preferiti e rievocare episodi della vita passata, proprio quelli che cambieranno per sempre il futuro del simpatico Miguel.