Il governo Letta favorisce la svendita di Telecom Italia alla spagnola Telefonica? Oggi l’assemblea degli azionisti decide chi comanderà in azienda e quali saranno le sorti della principale società tecnologica italiana. All’ordine del giorno la conferma dell’attuale consiglio di amministrazione espressione dell’azionista di controllo Telco – che con il 22,4% del capitale comprende Telefonica, IntesaSanpaolo, Mediobanca e Generali – o se invece, come vorrebbe l’azionista Marco Fossati, il CdA verrà revocato e verranno nominati nuovi amministratori espressione di una nuova, per ora ancora sconosciuta, maggioranza azionaria. Neppure i maghi potrebbero oggi profetizzare come andrà a finire la durissima e opaca battaglia tra gli azionisti.

Incerto appare il destino della società fortemente indebitata (per oltre 28 miliardi). Ma Telecom macina profitti, controlla un gioiello come Tim Brasil, e ha margini operativi ancora elevati sul mercato italiano, pari a circa il 40%, ha quindi notevoli potenzialità nonostante i debiti, e non dovrebbe essere svenduta. Invece venerdì si deciderà se finirà in bocca al suo concorrente, il colosso spagnolo Telefonica, o se vincerà Fossati (e se poi magari interverrà anche la Cassa Depositi e Prestiti per salvare la società italiana).

La sorpresa potrebbe venire dal fondo speculativo americano Blackrock che ha acquisito in poco tempo il 9,97% del capitale e che probabilmente nasconde qualche altro azionista estero per ora sconosciuto. Blackrock è però già azionista di Telefonica e quindi potrebbe giocare a favore della società spagnola (fatto che potrebbe generare qualche problema legale). Gli esiti della battaglia tra Telco e Fossati, che ha il 5% delle azioni, sono incerti: infatti gli altri principali azionisti, i fondi esteri, non si sono ancora schierati e i giochi di alleanza sono ancora aleatori.

Ma una cosa è invece certa: l’assenza strabiliante del governo Letta in una vicenda che deciderà il futuro di un’azienda strategica per l’economia e per l’industria nazionale. Senza il controllo della rete nazionale sarà difficile per l’Italia sviluppare un’economia basata sull’innovazione e sull’intelligenza collettiva. Una multinazionale estera non ha interesse a sborsare miliardi di euro per realizzare una nuova rete in fibra ottica che darà profitti solo nel lungo periodo e che perciò riguarda prevalentemente l’intervento pubblico. L’assenza del governo Letta è il fatto certamente più eclatante e scandaloso di questa guerra azionaria: Telecom è una società privata ma anche in un paese del cosiddetto terzo mondo, anche in Messico e in Brasile, per non parlare della Cina, degli Stati uniti, della Germania e della Francia, i governi intervengono sempre per motivi di politica economica e industriale e di sicurezza nelle questioni che riguardano le reti di Tlc.

Pochi giorni fa l’autorità brasiliana ha denunciato il conflitto di interesse di Telefonica che da un lato controlla Vivo, il principale gestore brasiliano di telefonini, e dall’altro, come socio di Telco, è anche azionista di Tim Brasil, concorrente di Vivo. Grazie all’intervento dell’autorità brasiliana, Cesar Alierta (il capo di Telefonica) e Julio Linares hanno dovuto dare le dimissioni dal CdA di Telecom Italia e il loro assalto a Telecom è a rischio. Il paradosso è che il governo brasiliano interviene su Telecom mentre il governo Letta tace. E tace forse anche perché Mediaset è socio di Telefonica. Secondo il Sole 24 ore infatti il gruppo Mediaset starebbe studiando un’offerta assieme a Telefonica per la pay-tv spagnola Digital+. dell’editore Prisa con il 56%, ma partecipata anche da Telefonica e da Mediaset, entrambi con il 22%. Il silenzio di Letta fa nascere il sospetto che il governo voglia ingraziarsi la benevolenza di Silvio Berlusconi impegnato sul fronte spagnolo dando il via libera a Telefonica in Italia. Non a caso Massimo Mucchetti, senatore a capo della Commissione industria, continua giustamente a reclamare l’intervento italiano su una questione che non riguarda solo decine di migliaia di lavoratori ocma l’intera economia nazionale. Letta potrebbe intervenire presso i principali azionisti italiani, Mediobanca, IntesaSanpaolo e Generali, che stanno svendendo un patrimonio nazionale per poche lenticchie (circa 850 milioni di euro) ignorando di fatto gli interessi della maggioranza degli azionisti. Il governo potrebbe soprattutto intervenire con la Cassa Depositi e Prestiti, la società controllata dal Tesoro. Allo stato attuale la Cdp con un investimento limitato di 2,5 miliardi di euro potrebbe acquisire il controllo non solo della rete ma di tutta Telecom Italia e di Tim Brasil. Non a caso Fossati propone come nuovo amministratore di Telecom Italia anche Vito Gamberale, numero uno del fondo F2i controllato dalla Cdp. Qual è l’opinione di Matteo Renzi, il neosegretario Pd, a riguardo?

La battaglia è senza esclusione di colpi e sulle intricate vicende di Telecom stanno indagando la Consob, l’organismo di vigilanza della borsa, e la magistratura. Esistono infatti fondati dubbi su due operazioni: l’emissione del prestito obbligazionario convertibile dell’8 novembre, e la vendita di Telecom Argentina del 14 novembre. Per quanto riguarda il convertendo, la contestazione principale riguarda il trattamento prioritario alla sottoscrizione ottenuto da Telefonica con l’esclusione di Fossati. Fossati ritiene inoltre che la vendita della partecipazione di Telecom Italia in Telecom Argentina sia avvenuta con troppa fretta e a prezzi troppo bassi. Ad avvantaggiarsi della vendita (svendita?) sarebbe stata Telefonica, anch’essa presente in Argentina. Oggi l’assemblea di Telecom Italia chiarirà molte cose ma è probabile che la drammatica vicenda della principale società nazionale di Tlc avrà altre puntate.