La notte per accogliere la verità del sentire, la morte per annientare il dolore, l’intensificazione dei sentimenti senza risoluzione in vita. Tutto questo respira nella grandezza del Tristan und Isolde di Richard Wagner, opera rivoluzionaria che ha ispirato al danzatore e coreografo giapponese Saburo Teshigawara l’omonimo spettacolo, passato dalla Triennale di Milano dopo il Grande di Brescia. Un lavoro sull’essenza dei personaggi e di una musica che ci penetra in un flusso continuo vicino alla qualità del moto di Saburo. Teshigawara, classe 1953, è in scena con la sua partner di sempre, Rihoko Sato: attraversano l’opera per estratti, danzando in un ambiente tagliato da coni di luce, chiarori e bui improvvisi, senza poter permettersi riposo. Centrale, come nell’opera, il duetto, nel quale però Saburo e Rihoko danzano drammaticamente secondo linee centripete e centrifughe che si sfiorano senza mai toccarsi eccetto un istante prima dell’epilogo. Un tragico vortice a due flussi, due voci nel movimento maschile e femminile, due linee che non trovano pace se non nella fine: morte «estatica» del danzare in fusione piena con la musica.