La giostra italiana dei festival pare non fermarsi mai. La località di Castell’Arquato, posta un centinaio di metri più su della «zanzariera» emiliano-verdiana inventata da Bruno Barilli, valorizzando il proprio genius loci, il drammaturgo, poeta e librettista di fiducia di Puccini, Luigi Illica, sembra decisamente riuscita: costituendo dapprima un Premio a suo nome e successivamente costruendogli intorno un festival. L’edizione 2015, la terza, del Festival Illica, nel suo ultimo weekend, sabato e domenica scorsi, ha proposto l’allestimento dell’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti, diretto da Fabio Mastrangelo con la regia del novantenne Rolando Panerai,una delle glorie del canto lirico nazionale, interprete prediletto di Karajan che nella sua carriera di regista ha privilegiato il repertorio pucciniano.

Pertanto l’ambientazione agricola dell’Elisir consente di allestire una scena sobria, un covone di grano e un paio di sedie bastano a delineare l’aia della fattoria in cui si consuma il triangolo pettegolo Belcore-Adina-Nemorino e la cialtrona truffa del Dottor Dulcamara; mentre l’imponente torre arquantina che schiaccia il palco della piazza municipale fornisce un’inusitata quinta naturale che trasforma i quadri orditi da Panerai in una commedia anni ’50, di quelle care a Campogalliani o a Mattoli, magnifici sapienti dei rapporti tra teatro e cinema.

Qui si prefigura, chissà quanto consapevolmente, una genealogia della commedia italiana, musicale e poi cinematografica, dal primo ottocento rossiniano-donizettiano – apripista di una mutazione del genere buffo furono i libretti di Felice Romani – fino alla metà del ’900. Il cast annovera il tenore Oreste Cosimo, e il soprano Daniela Cappiello. Superbo nel suo ruolo, vero motore immobile dell’Elisir di Panerai, il Dulcamara del basso baritono Graziano Dellavalle. L’Orchestra è la solida Filarmonica Italiana, accompagnata dalla Corale di Fiorenzuola d’Arda.

Infine, con nota di merito del Festival, non va dimenticata l’assegnazione a Casa Illica del Premio destinato ai due i cantanti pucciniani, Fabio Armiliato e Daniela Dessì, e ai curatori, Gabriela Biagi Ravenni e Dieter Schickling, del primo volume dell’epistolario di Giacomo Puccini, edito dalla fiorentina Olschki e da altri patrocini pubblici e privati. Un circolo finanziario ed economico virtuoso si è innescato per recuperare le lettere di Puccini. Da questo primo spoglio che copre un arco d’anni che va dal 1877 al 1896 si comincia a conoscere il Puccini, amante dell’arte e della vita, curioso del progresso e della modernità, in una girandola di sorprese che lo fanno sentire sempre più a noi vicino.