Ci sono immagini in grado di fissare per sempre il clima di un’intera stagione. Tratti e stili che in pochi schizzi restituiscono le emozioni e il senso ultimo della storia di una generazione. O che attraverso la loro evoluzione raccontano di come è cambiato, talvolta nello spazio di un breve lasso di tempo, il modo di guardare al mondo, di percepire se stessi e ciò a cui si presta attenzione, ciò che si ama o verso cui si prova rabbia, le forme attraverso le quali si cerca di raccontare il proprio percorso fissandolo in un’emozione che non sia fatta soltanto di parole. C’è tutto questo e molto altro ancora in Pank! 1977-2022, poster e disegni di Cristiano Rea (a cura di Federico Guglielmi, prefazione di Zerocalcare, con alcune schede di Valerio Lazzaretti, Goodfellas, pp. 224, euro 20) che ricostruisce l’itinerario di un «artista suo malgrado» per il modo delicato in cui ha sempre guardato alla propria ricca produzione senza mostrare di prendersi mai troppo sul serio.

EPPURE, quella che le pagine di questo splendido libro raccontano è una storia importante: l’itinerario di un ragazzo solitario di Roma nord che alla fine degli anni Settanta si affaccia a quella che nel nostro Paese, ed in particolare nella Capitale, è una «scena» ancora al debutto che intreccia immagini, suoni e simboli. Per Cristiano Rea (classe 1962) si potrebbe parlare di un’educazione sentimentale nel segno di ciò che il punk ha rappresentato ben oltre il proprio lascito pop: un’attitudine. La spinta travolgente ad esprimersi non perché si sappia come farlo, si abbia consapevolezza degli strumenti, ma perché si ha qualcosa da dire, fosse solo la testimonianza di quell’inquietudine irrefrenabile.

Per Cristiano Rea, forte di una passione per i fumetti coltivata fin da ragazzino, il primo passo è con le fanzine, qualche disegno per le serate di amici che, come lui che suona la batteria pensando a Marky Ramone, animano forse inconsapevolmente quella che diventerà la prima stagione dell’underground romano. Arriveranno poi le locandine per il Uonna, storico locale sulla Cassia dove quelle che allora i media avevano ribattezzato come «tribù urbane» definivano le proprie strategie stilistiche ascoltando via punk, new wawe, oi!, ska, rockabilly e molto altro ancora. In una stagione in cui tutto era per certi versi inedito, e che vedeva gli amici fricchettoni trasformarsi nel corso di un’estate in skinheads irreprensibili, la politica era fatta anche di simboli, di tratti.

Dalla fine degli anni Ottanta il segno inconfondibile di Cristiano Rea diventa così una sorta di «logo» per la scena antagonista romana, intrecciando – come racconta la sua stessa biografia come quella di tanti suoi compagni di strada – musica, politica, stile, militanza: un nuovo modo di «occupare le strade» ridefinendo anche le forme della vita collettiva attraverso l’esperienza dei centri sociali. Seguono decenni, a partire dalla locandina realizzata nel 1987 per festeggiare il primo anno di occupazione di Forte Prenestino, nei quali questi tratti accompagnano centinaia se non migliaia di manifestazioni, concerti di sottoscrizione, campagne di solidarietà internazionale, dal Chiapas al Kurdistan, il ritorno dell’antifascismo anche in forme innovative, come nell’esperienza di Gridalo Forte.

IL BIANCO E NERO è d’obbligo, per ragioni prima di tutto tecniche ed economiche, racconta Cristiano Rea a Federico Guglielmi nell’ampia intervista lungo cui si snoda il volume. Ma c’è di più. Emerge in quelle tavole, che pagavano necessariamente un tributo alle necessità di una comunicazione diretta, un’idea narrativa, forme nitide, o al contrario sfumate, che rimandano ad un racconto del reale. Forme dalle quali non a caso l’autore muove negli ultimi anni, mettendo da parte la china per «una matita nera, graffiata e sporca», come spiega lui stesso, ritrovando ancora una volta l’inquietudine febbrile degli esordi, stavolta, dopo tanta descrizione del mondo, nella serie Nero900 dedicata ad uno sguardo introspettivo verso figure note e meno note del Novecento italiano, a cavallo tra la Seconda guerra mondiale e la trepidazione del dopoguerra. Quarant’anni dopo, per Cristiano Rea l’urgenza di quel racconto resta immutata.

Pank! sarà presentato a Forte Prenestino venerdì 3 febbraio alle 19 da Cristiano Rea e Federico Guglielmi.