L’ingresso è a effetto: si «entra» da uno schermo gigante e si viene accolti da una serie di quadri dove vengono proiettati volti di spettatori e decine di frammenti di specchi che replicano le scene del nostro cinema. Siamo al Miac, il Museo dell’Audiovisivo e del Cinema che aprirà al pubblico a dicembre negli studi di Cinecittà e che è stato presentato ieri in anteprima. Voluto e finanziato dal Mibact – era presente anche il ministro Franceschini – un progetto del 2014 che ha subito un’accelerazione nel corso degli ultimi due anni – il Miac è realizzato da Istituto Luce Cinecittà insieme a Raiteche, il Centro sperimentale di Cinematografia, curato da Gianni Canova, Gabriele D’Autili, Enrico Menduni, Roland Sejko con l’allestimento ideato progettato e curato da None collective.

NON UN PERCORSO storico e cronologico – compito assolto dal museo del Cinema di Torino – il Miac vuole essere – nelle intenzioni dei curatori, una sorta di percorso libero lasciato alle emozioni in prima persona del visitatore. Un’immaginario cinematografico, televisivo, sonoro che si moltiplica nei dodici ambienti allestiti in un’area ricavata da un ex stabilimento di archeologia industriale, qui era infatti edificata la sede del laboratorio di Sviluppo e Stampa, una parte dei 2 milioni e 500 mila euro stanziati per la creazione del sito sono andati alla sua bonifica. L’obiettivo è svelare il racconto di 120 anni di cinema di storia italiana, una storia che cinema e audiovisivo hanno declinato in film, documenti, trasmissioni. Ogni sala elabora un tema – dal potere alla musica, passando per la commedia, la lingua, l’eros, i maestri, attraverso visual dove scorrono spezzoni di classici: le sontuose scenografie da Senso di Visconti, la maschera di Totò, il corpo di Sophia Loren e lo sguardo di Luigi Lo Cascio nei Cento Passi, mescolati agli sceneggiati e a schegge da Studio Uno, Rischiatutto.

LA SEZIONE dedicata alla lingua è basata sui dialetti e i regionalismi: un’onda di flussi sonori, voci, parole, dialoghi che si sovrappongono, mentre le scene vengono proiettate su tre grandi lightbox. Barre luminose e lunghi segmenti sonori: la sala musica «celebra» le colonne sonore. Un blob di note che dal primo film sonoro La canzone dell’amore (1930), passa per le gotiche atmosfere di Profondo rosso (1975), in alto barre luminose disegnano l’accompagnamento dei temi scritti da Morricone, Rota, Trovajoli, Piovani. Si entra e si esce dagli ambienti mentre sulla parete di oltre trenta metri composta da un graffito animato – una Timeline visiva e sonora – è possibile vedere, toccare le date e gli eventi della storia dell’audiovisivo in Italia. Un viaggio immersivo disposto su un’area di 1650 metri quadrati che – come spiega il None Collective: «Non intende essere esclusivamente divulgativo ed esaustivo. Abbiamo cercato di stimolare l’interesse e la curiosità dei visitatori a scoprrire ed approfondire il mondo del cinema, della televisione e della radio italiana. La tecnologia ci consente di ricercare diverse forme narrative, utilizzando differenti media e stimolando la percezione. È l’evoluzione dell’audiovisivo, di una pellicola o di un libro, che non sostituisce i media originari ma li unisce e li arricchisce con nuove tecniche e dinamiche, come il movimento dello spettatore e gli infiniti punti di vista, creando un nuovo linguaggio».

IL MUSEO prevede anche altri due spazi che non sono stati allestiti, come racconta Roberto Ciccutto, presidente e amministratore delegato Istituto Luce Cinecittà: «Uno spazio riservato alle mostre temporanee e uno che si chiamerà ‘Spazio Lettura Tullio Kezich’, nel quale potranno essere consultati su prenotazione 7 mila volumi della sua biblioteca».«Abbiamo messo a disposizione – ha sottolineato il direttore di Rai Teche Maria Pia Ammirati – l’archivio della Rai a cominciare dagli anni della radiofonia, ovvero dal 1924. Tutto quello che possediamo in termini di audiovideo dal 1954 a cominciare dagli sceneggiati che hanno fatto la storia degli anni 50 e ’60, dall’Odissea alla fiction». Le Teche Rai hanno fornito anche: «I grandi lavori d’inchiesta. Facciamo vedere il grande intrattenimento, dalle gemelle Kessler fino agli anni Settanta, passando per Studio1 e Canzonissima».