Nel 1999, al festival di Salisburgo, fece sensazione lo spettacolo Schlachten! (traduzione letterale macello), per la regia di Luk Perceval e la drammaturgia di Tom Lanoye, che rivisitava con stile visionario i passi più violenti dei drammi storici shakespeariani, affidati a un notevole manipolo di attori trasformisti.
Performer, poeta, romanziere, protagonista della scena fiamminga, spesso Lanoye ha sposato la provocazione. La sua figura, talentuosa, poliedrica ha un profilo stagliato nella dinamica vicenda dell’incrocio delle arti a Anversa, con alcune affinità con Ramsay Nasr, poeta e attore olandese (in scena con Ivo van Hove, protagonista al cinema di Goltzius di Peter Greenaway). Ora, lo scrittore arriva al pubblico italiano con un romanzo del 2006, Il terzo matrimonio (traduzione di Franco Paris, Nutrimenti, pp. 336, € 18,00), che lo scorso anno il regista belga David Lambert ha portato al cinema.

Al centro della vicenda sta un anziano e malandato Marten, che ha da poco perduto il suo compagno di vita Gaëtan, con cui intreccia una continua conversazione. Un losco individuo, Vandessel gli propone l’affare in un bar sordido: prenderà molto denaro se sposa, per darle i documenti necessari, una ragazza africana. Querulo e ricattatorio, l’uomo ammette di avere già avuto problemi con la polizia per un precedente matrimonio con una filippina. Dopo qualche esitazione iniziale, la proposta è accettata: da allora in poi il continuo colloquio con il fidanzato di un tempo, si incrocia con vicende comiche e violente, mentre gli eventi via via precipitano. Il filo che lega il romanzo riguarda la conoscenza oltre le apparenze e le appartenenze di genere, e in molti episodi del romanzo c’è quasi una epifania della visione: Marten comprende di colpo la bellezza dell’appartamento déco, che il suo compagno ha amato dal primo momento, per via dei delfini azzurri di ceramica, decoro della doccia.
Il grottesco è il registro preferito dallo scrittore, assai efficace nel raccontare come un nostalgico gay sulla via della vecchiaia, l’esistenza regolata da rituali e azioni reiterate, si ritrovi sconvolto dall’arrivo di una donna, che parla un mix di lingue, e gode di un acuto intuito per cose e persone. La scrittura gioca su registri diversi, fino all’epilogo che vede la ragazza in fuga insieme al suo compagno. E il protagonista vede calare: «non un sole, ma uno spot da teatro che si spegneva lentamente e che affondava un po’ pomposamente dietro un orizzonte ondeggiante, l’estremo confine del nostro Occidente».