Quasi quasi è un peccato che sia uscito in un tempo così sciagurato per la musica, che non consente programmi a lunga scadenza e ha gettato nell’incertezza artisti e maestranze. Eppure Samuele Bersani sette anni dopo il suo ultimo progetto discografico, Nuvola numero nove, azzarda lo stesso con un nuovo lavoro, Cinema Samuele (SonyMusic), che non potrà essere presentato dal vivo se non la prossima primavera (Covid permettendo…).
Verrebbe da dire disco d’altri tempi, meditato studiato e cesellato nei suoni, dove chitarre elettriche e synth si mescolano al pianoforte e agli archi, dando un senso di compiutezza raro in un mondo fatto di suoni plastificati. Lo spunto di partenza è poi molto forte: la vita immaginata come un grande spettacolo cinematografico: «Mi piace l’idea – ha sottolineato durante la presentazione milanese – che le mie canzoni possano essere dei film da vedere ad occhi chiusi». E come al solito, l’artista romagnolo scoperto da Lucio Dalla nel 1990 con Il mostro, si dimostra maturo autore capace di leggere la realtà trasfigurata nei racconti privati, e che solo superficialmente possono essere interpretati come «microstorie». Un afflato sincero che parte dalla sua vita per aprirsi al mondo circostante, tra fragilità e senso di onnipotenza. Dieci pezzi necessari, nessuno inutile: ne L’intervista si ironizza su quanto accade nel dietro alle quinte del pianeta musica, lustrini e nefandezze ma anche la lucida descrizione dei soprusi dei forti contro i deboli.

ALBUM MEDITATO e più volte modificato: «Prima di ricominciare a scrivere ho vissuto un momento di difficoltà – confida Bersani – non riuscivo a scrivere. Un blocco della scrittura come può accadere a chi di mestiere ha come riferimento la creatività. Poi qualcosa è successo di ritorno da Ginostra, dove inizialmente avevo pensato di mettermi al lavoro sul nuovo album. E tra Milano e Parma il disco ha iniziato a prendere forma». In questo percorso immaginato come una trama cinematografica, Samuele in Scorrimento verticale ironizza sulla dipendenza dallo schermo e il consumismo digitale: «Viviamo in un periodo di vanità quotidiana ed è rischioso sparire già per sette mesi perché la gente si dimentica, figuriamoci per sette anni. Per fare questo album è però servito del tempo da vivere per poi raccontare delle storie. Ho lavorato prima sulle musiche, come per creare una colonna sonora a qualcosa che sarebbe diventato solo in seguito».

COPERTINA bellissima, realizzata da Paolo De Francesco, con dentro tutti i temi del disco: il cartellone con l’arcobaleno e la scritta «andrà tutto bene», l’orologio fermo alle 10.25 del giorno della stage alla Stazione di Bologna, la statua del Nettuno e insieme immagini che si sovrappongono, luci e ombre tra presente e passato.