Crisi subito, senza nemmeno aspettare settembre e relative verifiche sulla disponibilità del capo dello Stato alla concessione di qualche salvacondotto. Entro agosto. Non sulla giustizia ma sul fisco, aproffitando della decisione, data nel Pdl per certa, di lasciare l’Imu almeno sulle abitazioni di lusso.

Nel Pdl rullano i tamburi di guerra, e la colombaia è costretta in spazi ogni giorno più angusti. Perché a infuocare gli animi, in privato, è proprio lui, san Silvio comandante e martire. E’ lui che carezza per primo il progettodi far saltare il tavolo a strettissimo giro. Solo che l’uomo è fatto come è fatto. Cambia idea di frequente, e stavolta, quando ogni errore può essere fatale, ancor più del solito. Nulla assicura che quel che dice oggi lo farà fra tre o quattro settimane. Dunque i pacifisti non abbandonano la speranze né si perdono d’animo. Gli giocano però contro un bel mucchio di fattori inediti.

Il primo è la svolta del reggente piddino Epifani. La sua intervista di ieri al “Corriere della Sera” ha portato gli animi bellicosi dei berlusconiani oltre i confini dell’isteria. Nessuna via praticabile salvo «prendere atto della sentenza e degli effetti che produce: non ci sono strade ed è anche sbagliato cercarle!. E sulla tenuta del governo: «Il principio di legalità viene prima di ogni cosiderazione politica». Per ore i colonnelli di Silvio bersagliano il reggente, lo accusano di voler seppellire le larghe intese. Alla fine Schifani, che falco proprio non è, prova a sedare svelando il gioco, perlatro palese, di Epifani: il tentativo cioè di spingere il Pdl a provocare la rottura, essendo già in corso l’eterno gioco del cerino. «Non abboccheremo alle provocazioni», prova a tagliare corto Schifani, ma il danno è fatto e le munizioni ai duri del Pdl sono arrivate tutte.

Tra stanotte e domani, del resto, è possibile che alle parole di Epifani seguano più concreti passi parlamentari. Alla vigilia della riunione notturna della Giunta per l’immunità del Senato il Pdl era più che mai deciso a perdere tempo, coadiuvato dalla Lega che aveva convocato l’assemblea dei suoi parlamentari al solo scopo di ostacolare la conclusione della discussione generale sul caso Silvio B. La posta in gioco è netta: rinviare la chiusura della discussione e dunque l’incardinamento della procedura per la decadenza di Berlusconi a dopo la pausa estiva. A quel punto il Pdl chiederà la convocazione della commissione inquirente e i 20 giorni di pausa necessari a Berlusconi per preparare la sua difesa, allungheranno ulteriormente il brodo.

Con la discussione già conclusa, invece, i 20 giorni coinciderebbero con la pausa estiva. Per settembre la pratica sarebbe sbrigata e il voto dell’aula, dall’esito scontato, entro il mese sarebbe garantito. Alla vigilia della riunione gli 8 commissari del Pd erano decisi a impedire il gioco al rinvio: una loro presa di posizione rigida spingerebbe Berlusconi verso il passo senza ritorno. Oggi, inoltre, si voterà sulla richiesta di procedura d’urgenza per la legge del M5S che prevede l’incandidabilità di tutti i condannati a più di dieci mesi, la decadenza immediata dei parlamentari condannati, l’ineleggibilità dopo due mandati parlamentari e la reintroduzioe delle preferenze. Sel voterà per l’urtgenza. Se lo farà anche il Pd sarà un ulteriore ponte bruciato. Ma il vero fatto nuovo è che, per la prima volta, gli aziendalisti, Confalonieri e Marina Berlusconi in testa, sarebbero a favore della linea dura invece che, come al solito, della soluzione più diplomatica possibile. Se davvero fosse così, se persino chi per definizione mette l’interesse dell’azienda prima di quello del partito consigliasse di dare battaglia subito, allora l’ipotesi di una rottura a breve, nonostante i dubbi che ancora albergano nel capo, diventerebbe plausibile.