Una vita romanzesca, una provenienza geografica che lo colloca nella Black Belt dell’Alabama, l’affermazione come artista visuale contemporaneo e giusto per non farsi mancar nulla, un’espressività vocale a metà tra Olu Dara e Gil Scott Heron. Lui è Lonnie Holley e riversa in questo terzo disco dal titolo Mith – composto da dieci brani, il lirismo di una vita intera, che con vicissitudini di ogni tipo lo ha portato dalle marginalità razziali del sud degli Stati uniti ai salotti buoni delle arti odierne. Si tratta di un lavoro che veleggia in un magma sonoro composto da spoken word, jazz, blues e un pizzico di psichedelia. Holley con il suo pianoforte senza regole, crea lo spazio musicale su cui tessere le proprie narrazioni. All’intero processo concorrono diversi ospiti: il musicista ambient Laraajj, il duo di impro jazz Nelson Patton, il sassofonista Sam Gendel e due produttori poliedrici come Richard Swift e Shahzad Ismaily.