Nella nuova bozza del «contratto di governo» il capitolo sul lavoro è striminzito e reticente. Ne è passato di tempo dai boati elettorali quando Lega e Cinque Stelle dovevano spianare il Jobs Act. Nella mezza paginetta non c’è traccia della riforma della legge Poletti che ha eliminato la causalità dei contratti a termine mettendo le basi per il boom dell’iper-precarietà attuale. Ci si limita a sbandierare la sempre verde lotta contro la precarietà. E il ripristino dell’articolo 18? Non pervenuto. Quanto ai voucher, aboliti da Gentiloni per evitare un referendum Cgil che sarebbe stato devastante per il Pd e il governo Cinque Stelle e Lega promettono una nuova riforma del pasticcio del «libretto famiglia» e del «contratto di prestazione occasionale». Come? Ancora non si sa. L’unica cosa certa è il «salario minimo orario». Modifiche al «reddito di cittadinanza», in realtà un redditocondizionato all’obbligo della scelta di un lavoro. Il punto in discussione era l’arco temporale dopo il quale decade il beneficio in caso di rifiuto del lavoro offerto. Resta l’indicazione di due anni. E poi? Il lavoro sarà trovato e sarà fisso. Magie. Costerà 20 miliardi circa per l’economista Michele Geraci, chiamato da Matteo Salvini. «Dopo due o tre anni incasseremo il triplo con il gettito fiscale legato ai consumi». «Le coperture ci sono». «Costerà solo il primo anno» dice Danilo Toninelli (M5S). Gli «alleati» di Salvini attaccano il reddito. Berlusconi: «Proposta radicalmente sbagliata perché deresponsabilizza i cittadini». Meloni: «Elemosina che rende schiavi». Non hanno capito nulla di una proposta che metterà al lavoro poveri, precari e disoccupati secondo il modello workfarista neoliberale. Oppure l’attaccano per rendere difficile la vita al prossimo governo