Una sola cosa si capisce subito, chi ci vuol vedere chiaro nel disco di Childish Gambino deve andare a fondo, altrimenti rischia di non capirci nulla. Iperattivo, schizofrenico, non riesce a stare fermo, è ispirato, è anche mezzo pazzo. Il suo nuovo disco si intitola 3.15.20, niente altro che la data di pubblicazione ufficiale. In realtà è la data in cui ha concesso, per dodici ore e basta, di farlo ascoltare liberamente nel sito donaldgloverpresents.com. Poi lo ha ritirato e lo ha messo su tutte le piattaforme possibili e immaginabili esattamente una settimana dopo. Il 15 marzo aveva anche pubblicato diverse immagini di copertina: un collage che insieme descriveva una sorta di caos metropolitano, qualcosa che magari avrebbe potuto ideare Mati Klarwein (colui che disegnò cover di dischi di Miles Davis, Santana e molti altri).

ORA INVECE la copertina è total white, forse per ricordare i tempi che corrono. Probabile, fatto sta che di informazioni ne rilascia poche, col contagocce, a iniziare dalla scelta di titolare i brani con il minutaggio in cui i pezzi iniziano. Un’ossessione per la matematica, come fosse il regista Peter Greenaway. Solo a un paio di questi ha dato un titolo vero e proprio: Algorythm,un cyber rap che gira attorno al refrain di Hey Mr D.J. del duo anni ’90 Zhané; e Time, un electro rap che si fa forte dell’ausilio di molte voci, tra cui addirittura quella di Ariana Grande.

IN REALTÀ c’è anche la già nota Feels Like Summer, che però qui e ora si chiama 42.26. Pudica e composta la scelta di marketing in questo momento. E sembra quasi voglia fare una richiesta: ascoltatelo e basta. Al rigore della non comunicazione e le scarse informazioni fa da contraltare la musica. I testi rivelano le sue idee sugli algoritmi, sulla violenza, sul sesso e l’amore, sulle razze, sembrerebbe un po’ meno centrato, come invece era stato in passato, sulle questioni degli afromaericani, ogni tanto sì ma non ne parla ossessivamente. Glover non è un autore infallibile, ma subisce il fascino della battuta aspra, provocante, del controsenso, dell’immagine forte. Ecco, le immagini, questo è un disco di immagini, di frammenti, di bozzetti. In un pezzo descrive gli esseri umani come cavie da laboratorio, gente pronta a tutto per ricevere in cambio un bel flusso di dati. C’è una specie di ode motivazionale che sembra parlare d’identità afroamericana e c’è un brano nel quale i ritmi sono spezzati, si sovrappongono, si moltiplicano le linee melodiche che raccontano di un’avventura sessuale pazzesca, come fosse uscita dalla penna di Hunter S. Thompson, infatti il tutto è scandito dalle meraviglie visionarie di funghi psichedelici.

SI PUÒ DIRE, come al solito, che c’è di tutto dentro: Kanye West, Frank Ocean (un po’, non molto), in 47.48 pare ci sia anche un omaggio a Stevie Wonder, quando insieme al figlio Legend, parla dell’amore per se stessi e degli effetti devastanti delle violenze sui minori. Potrebbe sembrare Prince in 24.19 almeno fin quando la sua voce non si trasforma in altro. Alla registrazione hanno contribuito, in veste di ospiti, oltre ai già citati Ariana Grande e il figlio Legend, 21 Savage, il compositore Ludwig Göransson e Khadja Bonet. In rete c’è anche la versione suite, pezzi legati senza soluzione di continuità. Un blocco granitico, apparentemente. Perché vale e come l’idea dei tanti affreschi sonori messi in fila. Ma va bene anche la suite per capirci qualcosa, o non capirci nulla, dipende con quali orecchie lo si vuole ascoltare. Utile comunque per immergersi nel fantastico mondo di Childish Gambino.