Quali sono i sentieri del non detto? Quelli cioè che si intrecciano senza alcun clamore né conseguenze se non per chi li percorre. In che modo si diventa ciò che si è, magari prendendosi cura dei propri dolori e congedando almeno un pezzetto di disperazione? Forse riconoscendo che non c’è modo di dirsi mai interi se non nella profondità di chi ci ha preceduti? Che l’accordo non esiste se non in un rinvio. A questa e a molte altre domande sembra rispondere Tommi Kinnunen, scrittore finlandese nel suo romanzo di esordio All’incrocio delle quattro strade, pubblicato nel 2014 e ora in Italia, grazie alla sapiente traduzione di Irene Sorrentino – responsabile anche della proposta del titolo nel nostro paese – per le edizioni pisane Ets (pp. 272, euro 22).
Con oltre 100mila copie vendute, Kinnunen, considerato dalla critica tra i più promettenti della sua generazione, inchioda alla taiga – nell’estremo nord della Finlandia – una vicenda famigliare complessa che attraversa un secolo intero, sgranata di incastri, corredi e relazioni. Silenziosa, nel suo imponente manifestarsi, è la neve a cristallizzare il sangue parentale dei protagonisti e delle protagoniste di questa epopea. Anche quando sono al sicuro, dentro una intimità di interni. Nascondono segreti, promesse non mantenute, soprattutto una tassonomia passionale che, negli sprofondi come nelle vette, Kinnunen mostra di perimetrare con disinvoltura. E con pazienza, è proprio il caso di dire, poiché per saper riferire cosa accade a chi ci è prossimo e dove stia il termine medio di ciò che resta o si lascia andare, bisogna stare in ascolto. Dei fatti e del loro rovescio, un controtempo emotivo che risponde agli inserti di prosa poetica che puntellano il testo: Maria, Lahja, Kaarina e Onni. Qualcuno sta concludendo la propria esistenza, un’altra sta accanto alla quasi defunta ripercorrendone le contraddizioni. Siamo alla fine degli anni Novanta e al centro medico che apre il libro si frappone, alla fine del romanzo, una soffitta in cui molte sono le assenze da domare e ordinare. Le storie raccontate da Kinnunen sono dense e, nonostante il pericolo di assideramento, godono di una temperatura molto elevata con sapori e profumi di cibi scandinavi.
Dal bilico di una «soglia» e di una «scomodità», come segnala in una nota in calce al testo la traduttrice, i personaggi di Tommi Kinnunen schivano la malasorte come possono. Non sempre come desiderano eppure dotati di speranza. Ogni storia è un ritratto sontuoso: vi sono ostetriche che a inizio Novecento percorrevano lande selvagge per salvare partorienti da morte certa; ci sono scatoline date in dono alla propria figlia promessa sposa, ci sono uomini che partecipano alla guerra di Lapponia e fagotti che vengono arrotolati tra le braccia di altre madri. In questo senso, All’incrocio delle quattro strade ci rammenta quante e infinite siano in realtà le traiettorie soprattutto quelle secondarie, sottili e quasi invisibili. Quelle percorse e dunque vere, poi le altre – collocabili in un infinito futuribile ed eventuale che però non esistono.